"Leggo il giornale e c'è Papa Francesco e il Frosinone in Serie A" cantava Calcutta nel 2015. Canzone scritta dall'artista che cita la storica promozione dei giallazzurri. Tra i protagonisti di quell'impresa c'era Mirko Gori, calciatore che oggi gioca nel Calcio Desenzano, squadra prima in classifica nel girone B di Serie D. Attraverso il racconto della sua carriera, abbiamo ripercorso le tappe che l'hanno visto scendere in campo in ognuna delle categorie di calcio nazionali, dalla Serie A fino alla D. Questa è la storia de "il Cobra".
La carriera di Mirko Gori: dal Frosinone al Desenzano
"Inizio nel settore giovanile del Frosinone. Dal giocare in Primavera con due anni in meno passo a disputare il campionato Berretti (oggi Primavera 3, ndr), convinto dall'allenatore Roberto Stellone. Passo poi in Serie C in prima squadra e in due anni, grazie anche ad alcuni acquisti come quello di Daniel Ciofani, saliamo in Serie B vincendo i play-off in finale contro il Lecce con un mio gol. Con lo stesso blocco, con l'aggiunta di qualche nome come quello di Dionisi, vinciamo la Serie B arrivando secondi dietro il Carpi". Queste sono le fondamenta della società giallazzurra, capace da lì in poi di giocare nelle prime due categorie nazionali per 10 stagioni di fila. E che hanno portato alla costruzione del centro sportivo e dello stadio "Benito Stirpe", inaugurato nel 2017.
E sull'esperienza al Frosinone continua: "Quando Ernesto Salvini, storico direttore sportivo della squadra, è andato via, il nuovo (Guido Angelozzi, ndr) ha deciso di rompere il vecchio gruppo e di portare tutta gente nuova. Io ero da 13 anni al club e questa persona non ha mai approfondito il rapporto con me e non mi ha mai detto di dover andare via". Motivo per il quale Gori ci rivela che un ritorno in giallazzurro in futuro appare ora impossibile, "anche se nel calcio non si sa mai cosa può accadere", afferma.
Dopodiché arrivano le parentesi Alessandria e Triestina: "Decido di andare a Trieste perché cercavo una qualità di vita migliore, rifiutando proposte come quella del Catanzaro (che poi vinse il campionato 22/23 con 16 punti di vantaggio). A gennaio tanti giocatori iniziano a scappare, io avevo chiuso con un importante club di C ma alla fine decido di restare. Ci salviamo, l’anno dopo cambia la società con l’arrivo di alcuni americani, che prima mi comunicano di andar via e poi si ricredono, per poi ridirmi di dover trovare una nuova sistemazione. Purtroppo in alcune società di Serie C succedono queste cose, dove ci sono persone prestate al mestiere. Quando entra di mezzo il business si arriva a un’idea totalmente diversa dalla mia". Prima del Monterosi e poi del Desenzano.
Gori, le differenze di categoria e il rapporto con Federico Gatti
Come detto, Gori ha giocato in tutte le categorie nazionali. E ci rivela: "Oggi si è persa la cattiveria che c'era in queste categorie anni fa. Ricordo di un episodio al Partenio contro l'Avellino, quando non ho restituito un pallone e Castaldo mi ha preso per il collo. Sono cose che non accadono più". E continua: "La Serie A è di un altro livello per tecnica e velocità. Credo che un giocatore forte in B fa fatica in A, mentre un buon giocatore di C in B non sfigura". Parlando di categorie è risuonato il nome di Federico Gatti, capitano della Juventus e suo ex compagno di squadra: "È il giocatore più forte con cui ho giocato. Non solo per le doti tecniche e fisiche, ma perché ha dentro una cosa che pochi altri hanno, la fame. L’ho visto in albergo appena preso dal Frosinone e mi sembrava il classico difensore alto, con due ferri da stiro al posto dei piedi. Dopo un paio di allenamenti gli ho detto in spogliatoio che sarebbe arrivato in A nel giro di due anni, l'avevo capito subito. Lui ti umilia, ti fa sentire un bambino, è una macchina da guerra".
Allenatori e un futuro da direttore sportivo
Dal centrocampista del Desenzano è arrivato poi un commento sugli allenatori che ha avuto in carriera: "Nesta? Un onore averlo conosciuto ed essere stato allenato da lui. Baroni? È stato con noi qualche mese. Aveva buone idee e ha raggiunto discreti risultati nonostante la retrocessione. Ricordo Stellone, con cui ho vinto 3 campionati ed è per me un padre. Poi ti faccio il nome di Marino. Era un genio, gli allenamenti che facevi con lui in settimana li ritrovavi la domenica, una cosa mai vista".
E in conclusione sulla sua esperienza al Desenzano e sul futuro: "Spero di passare più anni possibile qui perché ho confermato l'impressione che avevo avuto di una società importante. Sia con il direttore, che con il mister, che con i compagni mi sto trovando davvero bene. Basi per qualcosa di importante? Ci sono, ma sta a noi lavorare per poter arrivare all’obiettivo. Futuro? Ho il patentino da direttore sportivo. Più che per ripicca lo faccio per passione e perché mi piace costruire rapporti". Ma intanto, il Cobra vuole continuare a fare ciò che gli viene meglio in campo, fino all'ultimo pallone recuperato.