Dal Napoli al Milan, senza dimenticare la finale di Champions giocata e persa con l’Atletico Madrid. Tanti alti e bassi nella carriera di Josè Sosa, centrocampista rossonero schierato recentemente da Montella nel ruolo di regista: "Ho giocato più di quanto speravo di fare all’inizio, per questo sono felicissimo. Mi sono abituato a una posizione nuova, visto che prima giocavo più avanti. Pensare a un gol con la Roma è bellissimo ma complicato: io avvio l’azione, gli altri la chiudono. All’inizio mi fischiavano ma noi sudamericani siamo gente tosta e abituata: critiche o applausi non cambiano il lavoro. Io cerco di dare il meglio e credo sinceramente di averlo fatto, in un ruolo non mio. E magari Montella mi ha allungato la carriera”. Sul futuro: “Qui sto benissimo, e ho dimostrato di volerlo. Ci spero - dichiara Sosa in un'intervista alla Gazzetta dello Sport.
La squadra vive un momento di flessione, 2 punti soltanto contro Pescara, Empoli e Crotone: “Forse sembravano vittorie sicure, per tutti. Per noi e in generale, e invece non è stato così. Noi non lo pensavamo, se non inconsciamente, che potessero essere partite facili. Fisicamente siamo a posto, dovremo essere più decisi nell’approccio, più concentrati fin dal primo minuti di partita. Così tutto piò cambiare”.
Domenica sera a San Siro arriverà la Roma: “Non c’è più tempo da perdere, dobbiamo riprenderci subito. Siamo tutti carichi come è normale che sia e ci batteremo per una vittoria che sarebbe importantissima. A loro toglierei Dzeko, perché è quello che fa gol. Ma attenti anche al mio amico Perotti e a Salah, è da loro che partono i pericoli”. Se non c’è più tempo da perdere significa che il Milan si è già attardato in qualche occasione? Potevamo essere più avanti in classifica, abbiamo regalato tanti punti contro squadre che potevamo benissimo battere. Non dobbiamo più ragionare così ma andare avanti per vincere sempre, che davanti ci sia l’Empoli o la Roma, il Crotone o l’Atalanta”.
Quattro partite per l’Europa: l’imperativo è crederci fino alla fine: “ll Milan, per la sua storia, deve lottare per il primo posto. Per farlo deve ripartire e ricominciare ad andare in Europa, riabituarsi alla fatica della doppia partita alla settimana. Davvero c’è qualcuno che vorrebbe evitare sesto posto e preliminari? E chi sarebbe? Certo non noi, i nuovi vertici del club ci hanno ribadito l’obiettivo e anche prima si parlava sempre e solo di Europa”. Le differenze tra passato e presente: “C’è stato un cambiamento di proprietà, non di idee. I nuovi vogliono continuare la grande storia del Milan e noi giocatori dobbiamo fare il massimo per provare a esserne all’altezza”.
Milan-Roma sarà l’ultima partita di Totti a San Siro: “Francesco è un fuoriclasse, ammirabile per tutto quello che ha fatto per la sua gente. Purtroppo però prima o poi tutti dobbiamo smettere”. La carriera di Jose è iniziata in ’Argentina, dove è diventato il «Principito», ha giocato in Germania, Italia, Spagna, Ucraina, Turchia e ora di nuovo in Italia: “Il calcio qui l'ho ritrovato come era per qualità di gioco e passione. In Argentina, all’Estudiantes, mi ha allenato Simeone che poi ho riavuto all’Atletico Madrid: già dalla prima volta capii che era avanti, aveva una mentalità già “europea” nell’attenzione per la tattica e i particolari. Al Bayern e al Metalist ho ampliato la mia cultura e la mia storia. A Napoli chiesi all’allenatore, Mazzarri, di provarmi nel ruolo che faccio oggi: mi spiegò che preferiva un centrocampo più muscolare e infatti io giocavo poco, certo molto meno di Gargano e Pazienza. Basta poi con la storia dei soprannomi per favore, da noi è normale, si danno senza troppa importanza, non pensi a trascinartelo dietro per sempre. Oggi, a 31 anni, “Principito” fa ridere. Le cose importanti sono altre.”
Grande passione quella dei tatuaggi: “Quelli dedicati al calcio sono pochi. Sono soprattutto per la mia famiglia, moglie e figli. Carolina è la mia compagna e ne ha pure lei, Alfonsina e Rufina sono le mie bimbe. Ho scritto che il coraggio non è l’assenza di paura, ma la volontà di superarla. E che un uomo deve cercare di essere orgoglioso di ciò che è, al di là che sia calciatore, medico, giornalista o chissà cosa. I miei genitori per esempio avevano un negozio, sono persone semplici. C’è anche la fede: ringraziare per ciò che si ha è il primo punto” . E quando Sosa si trovava davanti Berlusconi? “Metodo Galliani: quando arrivava il presidente stavo tutto coperto, fino alle mani”.