Sembrava fatta, l'inizio di una nuova era con Ralf Rangnick al comando. Poi il campo ha premiato il lavoro di Pioli e il Milan ha fatto dietrofront: "Ha meritato la conferma anche per la persona che è, sempre focalizzata sugli obiettivi", l'allenatore tedesco - che in rossonero avrebbe ricoperto il ruolo di manager ad ampio raggio - ha dichiarato in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport. "Se poi è una scelta giusta per il club nel medio-lungo periodo è un'altra questione".
Rangnick punta il dito contro l'attuale gestione: "Non conosco Boban e Maldini quindi non voglio dare giudizi", continua. "Ma la società è davvero contenta dei risultati ottenuti rispetto ai soldi spesi negli ultimi anni?"
Il suo Milan sarebbe già stato diverso: "Il club mi aveva cercato a ottobre quando era quasi in zona retrocessione", Rangnick racconta i retroscena della trattativa saltata. "Con me volevano una svolta: io lavoro sulla crescita di giovani calciatori, non è nel mio stile puntare su elementi come Kjaer o Ibra (QUI le ultime sul rinnovo). Non perché non siano di livello - lo svedese sicuramente è un fuoriclasse -, ma perché preferisco creare valori e sviluppare talenti. E' semplicemente la mia idea, diversa".
Come potranno migliorare i rossoneri? "Dandosi un obiettivo concreto, come la Champions", continua Rangnick. "L'esempio è a 30 km da Milano: l'Atalanta ha un terzo del fatturato del Milan eppure guardate dov'è arrivata. I Percassi hanno investimenti intelligenti, hanno un settore giovanile all'avanguardia. E poi hanno Gasperini, da cui c'è tanto da imparare. Come da Conte, dall'altra parte di Milano".