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Data: 09/05/2017 -

'Mi chiamavano Pysco'. Dossena e la sua vita a colori: "Napoli e la terrazza sul mare...brividi! Leyton, una delusione e quell'episodio da Harrods..."

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Essere o dover essere? E’ forse questo il dilemma che più di ogni altro affligge la società contemporanea. Come ci vogliono o come siamo? Perché la forza centripeta del conformismo è forte, fortissima, ma dannatamente grigia. Il richiamo dell’io, invece, per quanto di difficile attuazione è colorato, variegato, originale, inimitabile. E’ bello parlare di se stessi non tanto per mera apparenza, bensì perché nessuno meglio di noi stessi sa chi siamo. Sembra tutto così scontato, ma nel mondo di maschere pirandelliane non lo è affatto.

“Piacere, Psyco…”. Partiamo subito forte, con quella giusta carica di autoironia che in fondo dovrebbe caratterizzare ognuno di noi. Pensieri, parole e azioni di Andrea Dossena, ex Liverpool e Napoli, ora al Piacenza in Lega Pro. “Proprio a Napoli mi chiamavano così perché a me piace molto scherzare, prendere in giro…e quando lo fanno con me non mi offendo! Mai prendersi troppo sul serio. Io non amo il grigio, se non avessi sfondato nel mondo del calcio, come dico sempre, sicuramente non avrei lavorato in ufficio e non avrei fatto un lavoro metodico”. Mille sfumature, mille colori…come quelli che irradiavano la sua terrazza sul mare nello splendore di Napoli… “Ogni tanto ci ripenso e mi scende la lacrimuccia. Io vengo dalla Pianura Padana e mi ritrovo in questa casa con una terrazza bellissima dalla quale vedevo il Golfo, Capri, il mare. La prima volta che mi ci sono affacciato ero estasiato, avevo l’adrenalina…”. Sensazioni, attimi, emozioni…ah il sublime! “Qualche volta mi svegliavo prestissimo proprio per mettermi lì a vedere l’alba, il sole che illumina le pendici del Vesuvio e poi il mare…”.

E’ la voce di un innamorato quella di Andrea Dossena perché Napoli ti rimane nel cuore… “Quando sono arrivato ricordo che Paolo Cannavaro mi disse, ‘se vuoi stare bene qui devi sentirti napoletano’. Io l’ho fatto e me la sono goduta fino in fondo, sono stati quattro anni splendidi. Tutto quell’affetto dei tifosi non me lo scorderò mai, lo custodisco gelosamente nel mio cuore. E poi eravamo un gruppo magnifico, stavamo benissimo tra noi a parte qualche discussione (ride) nello spogliatoio con i sudamericani perché volevano sempre ascoltare la loro musica latina e dopo un po’ non se ne poteva più. L’asado con il maestro Denis, le risate con Cavani, Lavezzi e Hamsik…tutti momenti indimenticabili”. E anche una Coppa Italia in bacheca… “Ero tesissimo, il presidente De Laurentiis si avvicina e mi fa… ‘Dossena, ma di che c… ti preoccupi? Vinciamo noi!’. E lo stesso Mazzarri ci trasmetteva una tranquillità incredibile. E’ un grande allenatore e una gran persona: sa stare al gioco, sa sdrammatizzare, si arrabbiava tantissimo però se venivano fuori le cose dallo spogliatoio. Un giorno prese a pugni la lavagnetta”. Un insieme di immagini, ricordi che scorrono veloci, troppo forse dinanzi al tempo che cerca di farli fuggire lontano dalla nostra mente. Ma niente, bello o brutto che sia, può essere cancellato… “L’ultima immagine che mi viene in mente è quella di Edinson Cavani che veramente è un giocatore incredibile, pazzesco, non si ferma mai. Il sabato facevamo sempre una partitella tra l’undici che avrebbe giocato la domenica e le riserve, un giorno Edi era con le riserve. Risultato finale 3-0 con una tripletta sua. Ci guardiamo tutti… ‘Ma questo non si ferma mai? Nemmeno quando è mezzo rotto?’. Ha una grinta indescrivibile”.

Dai colori di Napoli al chiaroscuro dell’Inghilterra. Luci e ombre, un dipinto poco lineare, forse futurista. E’ il gioco del destino, il quale – purtroppo o per fortuna (punti di vista) – non è certamente assimilabile ad una linea retta… A Liverpool ho vissuto belle emozioni, ma non me le sono godute appieno perché ci sono arrivato troppo giovane forse e poi ero abituato ad un contesto totalmente diverso come quello di Udine. Certo giocare ad Anfield è quanto di più bello ci possa essere, ma onestamente – racconta Dossena ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – sarebbe potuta andar meglio. C’era gente come Gerrard e Xabi Alonso, dalla quale potevi solo imparare. Gerrard è un leader nato, parla poco ma basta una sola sua parola…e si aprono le acque! Quando chiedeva ai tifosi di incoraggiarci veniva giù lo stadio. Xabi mi chiedeva sempre dell’Italia perché doveva andare alla Juventus”.

Londra, 2014, Leyton Orient. “Quante ce ne sarebbero da dire…”. Partiamo dal calcio, “con la mia famiglia sognavamo di andare a vivere a Londra invece è stata una delusione incredibile, non per la città che è bellissima. La società aveva grandi disponibilità economica, ma zero idee, tutto buttato a caso. E infatti i risultati poi si sono visti”. Dulcis in fundo (si fa per dire), l’incredibile accusa di taccheggio a Harrods. “Quando è successo volevo buttar giù la città perché veramente sono rimasto senza parole, ora mi ci faccio una risata anche se purtroppo è un marchio indelebile che mi porto indietro, per cosa poi? Ero con la mia famiglia a far la spesa e c’era il mio bambino che piangeva perché voleva andare al piano di sopra a giocare. Saliamo su, gioca poi riscendiamo di sotto e ci dirigiamo verso l’uscita perché era tutto sudato e volevamo portarlo a casa. Mentre usciamo mi fermano perché per mera dimenticanza, nient’altro ci mancherebbe, mi ero scordato di aver preso un barattolo di miele e degli affettati. Mi fanno ‘devi venir con noi’, mi trattano come se avessi rubato dei gioielli, come se fossi stato un delinquente. Io mi scuso, gli spiego la situazione, ‘guardate mi sono dimenticato, vi pare che non paghi?’. Metto i soldi sul tavolo, mi scuso di nuovo e gli chiedo perlomeno che tutta questa cosa non venga fuori sui giornali. Loro mi rassicurano, ‘sì tranquillo qui siamo riservati’. Chiamano la Polizia, spiego anche a loro la situazione, vado in questura perché avevo ancora la residenza a Sunderland e dovevano attestare che io e la mia famiglia effettivamente vivessimo a Londra, caso chiuso. La mattina dopo mi sveglio e la notizia è arrivata fino in America, alla CNN: ‘Ex giocatore del Liverpool ruba al supermercato’. Veramente questa cosa qua mi ha fatto malissimo…”.

Ma Dossena ha la forza di guardare avanti, di non mollare. A gennaio torna in Italia, al Piacenza. Si rimette in gioco, perché forte non è chi non cade mai, ma chi ha il coraggio e la determinazione giusta per rialzarsi… “Ho colto al volo quest’occasione, qui c’è un ambiente bellissimo. Il progetto mi ha convinto subito e credo che questo percorso, prima da giocatore e poi da dirigente, possa essere l’ideale per me. Ora ci giochiamo i playoff con la consapevolezza che possiamo divertirci e dar fastidio”.

Si chiude il cerchio, tra bei ricordi e quella virtuosa spontaneità, la quale cela – ma nemmeno troppo – una sincerità e un attenzione forte ai valori, quelli veri. Famiglia, calcio, amici. Perché, probabilmente, le cose migliori sono quelle che si enucleano dalla semplicità di gesti e parole. Il virtuosismo è bello, ma in fin dei conti effimero…



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