Questo sito contribuisce all'audience di

“Mi chiamano piccolo Ibra…”. Dai corteggiamenti di Milan, Inter e Villarreal ai gol per la Cavese: la storia di Martiniello

Il soprannome, “piccolo Ibra”, da dove nasce? “Mi è stato messo a Salerno, per la mia stazza fisica e perché esulto sempre come lui. E perché facevo tanti gol… Fui portato alla Salernitana dal direttore del Real Carinaro, Luciano Lisbona: era la mia prima squadra. In granata ho trascorso cinque anni bellissimi e gli sarò eternamente grato. Sono sempre stato tifoso del Milan, fin da piccolo, perché lo era mio zio, morto in campo a 13 anni: giocava nelle giovanili del Torino. Mia madre decise di chiamarmi come lui e io di acquisire questa passione speciale per il Milan. Da lì è nato anche l’amore calcistico per Zlatan Ibrahimovic, il mio idolo”.

Nel 2012 il provino fallito con il Napoli, nonostante l’ottima impressione destata: come mai? “Eh… me lo chiedo ancora. L’allenatore Liguori mi voleva fortemente, nonostante fui schierato come centrocampista centrale in tutte le partite del torneo disputato in provincia di Benevento. Saltò tutto e ancora non so il perché, da lì presi la decisione di firmare per la Salernitana con il direttore Angelo Belmonte. Feci diversi allenamenti con la prima squadra dove c’erano Pasquale Foggia, Massimo Coda, Alfredo Donnarumma, Zito, tutti grandi giocatori e persone da cui imparare tanto: mi volevano bene. Interessi delle big? Mi riempì di orgoglio e mi fece un enorme piacere, ma alla fine non ci furono offerte concrete: il mio sogno era il Milan, sarebbe stato il massimo”.

Quali sono i tuoi punti di forza e dove credi di dover migliorare? “C’è sempre da migliorare, in tutto. Penso che i miei punti di forza siano la capacità di difendere il pallone spalle alla porta, la capacità di attaccare la profondità e di partecipare al gioco della squadra e infine il gioco aereo. Tecnicamente posso e devo migliorare ancora tanto, ma per fortuna riesco a buttarla sempre dentro. Alla fine conta quello, Pippo Inzaghi insegna… (ride). Mi sono sempre dedicato al calcio, quindi ho imparato con il tempo cosa mi fa rilassare e trovare la concentrazione e cosa no. Leggo libri, sto con mio nipote, gioco alla play-station, esco con gli amici. E poi tante canzoni napoletane. Tutte cose tranquille, che mi permettono di arrivare poi al campo con la mente sgombra e le energie giuste. Tatuaggi? Quelli importanti li devo ancora fare. Speriamo presto… (ride ancora)”.

Quali sono i tuoi obiettivi? “Spero di fare ancora tanti gol per vedere felici i nostri tifosi, magari in rovesciata: mi riuscì soltanto nelle giovanili della Salernitana. Non c’è soddisfazione più grande per chi arriva allo stadio con un panino, sotto sole, pioggia, vento e qualsiasi condizione climatica, di regalargli la gioia di una vittoria. Se riusciamo a fargli iniziare la settimana con un sorriso siamo felici anche noi. Poi se mi permetti lancio un appello a Ibra e Lorenzo Insigne: aspetto la vostra maglia, siete i miei idoli. In futuro spero anche io di arrivare ai loro livelli”. Per ora è Antonio Martiniello, il “piccolo Ibra”, terrore delle difese di serie D.