Lecce-Juventus, 20 febbraio del 2011. Stadio di via del Mare stracolmo, come sempre quando arrivano certi ospiti. Poco dopo la mezz’ora, Munari lancia dalla trequarti. La difesa della Juve è la BBC più Sorensen. Tutti guardano inermi un treno sfrecciare in mezzo a loro. È un algerino, con la maglia numero 11. Si chiama Djamel Mesbah e oggi, a 35 anni, fa il vice allenatore negli Emirati Arabi. Ma di questo parleremo dopo. “Stop di petto e destro a incrociare. Che non era il mio piede. Non male come primo gol in serie A”, racconta Mesbah al microfono di gianlucadimarzio.com. Quella volta il Lecce vinse 2-0, complice anche l’espulsione di Buffon nei primi minuti per un mani fuori area. Tra poche ore, Djamel guarderà dagli Emirati la rivincita di quel giorno. “Il Salento mi è rimasto nel cuore. Lì è nato mio figlio Zaccaria, a Gallipoli ho una casa per le vacanze. Due anni e mezzo indimenticabili: una promozione, una salvezza e tanti amici nel cuore: con Giacomazzi, Vives, Olivera e Bertolacci mi sento ancora. Quando sono in giro per il mondo e sento qualcuno che parla in salentino, mi giro di scatto. Come tornare a casa, sempre”.
Il Milan e quel tuffo. Ancora contro la Juve: "Non ho avuto pazienza"
Quella domenica ce l’ha scolpita nella mente. Il gol e l’esultanza lanciando la bandierina del corner come un giavellotto. “Era un gioco nato in ritiro tra di noi. Non mi ricordo come nacque, ma mi sembrò un buon momento per celebrarla in campo”. Costò una delle ammonizioni più dolce di una carriera, partita dalla Svizzera - Paese in cui è cresciuto - e decollata in Salento. Una parabola che a gennaio del 2012 l’ha portato al Milan. “Mi volle Allegri. Avrei potuto fare di più, non ho avuto pazienza. Era un Milan fortissimo. C’era Ibra, Thiago Silva, non era facile trovare posto. Feci una brutta partita contro l’Arsenal in coppa. Walcott sfrecciava da tutte le parti. Mai visto uno così veloce. Forse solo Krasic, che non ebbe fortuna alla Juve”. Lui invece ogni volta che vedeva i bianconeri, brillava. I tifosi del Milan ricordano un suo gol in tuffo a Torino in una semifinale di coppa Italia. Purtroppo per lui non bastò per qualificarsi. Non ci furono altre occasioni per avvicinarsi a un trofeo. Poco dopo iniziò la diaspora dei campioni dal Milan.
Anche Djamel se ne andò: Parma, Livorno, Sampdoria e Crotone. Cartoline del passato. C’era chi lo chiamava il “Roberto Carlos algerino”. Questione di fascia e di scatto. “Un soprannome che mi fa sorridere e che mi rende orgoglioso. Ero nato come esterno offensivo, poi piano piano sono scivolato indietro”. Largo a centrocampo o terzino. Due mondiali con l’Algeria. Nel 2014 portando addirittura la Germania ai supplementari, dopo un gol annullato a Slimani. Chioccia e “rivale” di un ragazzo, come lui, sbocciato al sud. “Ho visto crescere Ghoulam. All’inizio era la mia riserva in nazionale, ma lo sapevo che avrebbe preso il mio posto. Un ragazzo con qualità infinite. Senza gli infortuni, uno dei migliori al mondo in quel ruolo”.
La nuova vita da allenatore. A un'ora da Dubai: "Con gli insegnamenti di Sinisa"
Djamel s’illumina quando parla della sua Algeria. “Quest’estate ho esultato come un bambino per la vittoria della coppa d’Africa. Io e Madjid Bougherra eravamo qui negli Emirati, ma il nostro cuore era ad Algeri a festeggiare per le strade”. Cartolina di oggi, vita nuova. Djamel oggi è il vice allenatore dell’Al Fujairah. Assiste l’amico ed ex compagno di nazionale Bougherra. Un’avventura nuova, a un’ora da Dubai. “Ho deciso di smettere al mio ultimo anno a Losanna, esattamente due anni fa. Giocavo poco e mi resi conto che era il momento di prendere una strada nuova”. Nel mezzo anche qualche ripensamento: una preparazione a Milano con un allenatore per tornare sul campo. Il dubbio se tornare sulla fascia sinistra o scivolare verso la panchina.
Alla fine ha scelto la seconda opzione. “Meglio iniziare presto un nuovo percorso. E buttarsi subito, anche in un campionato lontanissimo. Abbiamo preso una squadra che si è salvata all’ultima giornata l’anno scorso e stiamo lavorando bene”. Cinque partite fatte, sei punti in classifica. “Studio tanto e cerco di mettere in pratica anche quello che ho imparato da chi mi ha allenato. La verticalità del Milan di Allegri, ma anche il carisma di Mihajlovic alla Sampdoria. L’ho avuto per un anno. È un uomo che sa affrontare ogni tempesta. La malattia è una cosa brutta, ma ha trovato un avversario tosto. Ricordo che lui mi disse che un allenatore deve mettere da parte prima possibile il pensiero di essere stato calciatore. È un insegnamento che porto ogni giorno al campo”.
Il cuore in Svizzera, il ricordo di Ibra: "Vederlo a Napoli sarebbe un sogno"
Lì Djamel si occupa soprattutto della parte difensiva, studiando costantemente il nostro campionato. “Vedo tante partite, cerco di mettere un mattone dopo l’altro. È una nuova vita, ma è bello averla iniziata così in fretta”.
Classe 1984, il cuore in Svizzera dai suoi bambini che vorrebbe abbracciare più spesso. “Mi mancano molto, sono la mia vita. Spero di potermi riavvicinare presto a loro, ma intanto sono felice di poter lavorare qui, in un campionato stimolante. Ci sono 4 stranieri per squadra e un livello generale piuttosto alto. Campionato ricco? I top club abbastanza. Noi siamo un club in crescita”.
Difficilmente potrà portare nella sua squadra un vecchio compagno di squadra che nelle scorse ore potrebbe aver chiuso la sua esperienza negli Stati Uniti. “Ibrahimovic può ancora fare la differenza in Europa. Sarebbe un sogno se andasse al Napoli. Per lui e per la città. Ricordo che una domenica Allegri voleva farlo riposare. Lui non ne volle sapere. Giocavamo contro il Cagliari. Andò in campo e fece doppietta. Troppo forte, è stato un privilegio viverlo da vicino. Un po’ come segnare il primo gol contro la Juve e vedere lo stadio di Lecce esplodere”.
Tra poche ore sarà Lecce-Juventus. Djamel Mesbah oggi affaccia sul golfo dell’Oman. Più di 5000 chilometri dal Salento. Ma se chiude gli occhi può ancora sentire l’urlo del via del Mare.