Testa, cuore e voglia. Una sorta di diktat, un mantra da seguire, un trittico di parole che rappresenta al meglio Matteo Ruggeri. Classe 2002, è arrivato nel settore giovanile dell'Atalanta all'età di 8 anni con già delle caratteristiche ben precise. "La corsa, il sinistro e la testa le aveva già. Non era messo bene fisicamente perché era mingherlino però aveva già la dinamite nel piede quando calciava", racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com Alessandro Bonacina, il suo primo allenatore all'ASD Zognese.
Nell'epoca dei videogiochi i bambini hanno una distrazione in più dalla scuola e dallo sport, ma non Matteo che non ha mai perso l'occasione di arrivare prima al campo, prendere un pallone e immergersi in una realtà isolata, la sua realtà. "Lui arrivava sempre prima all'allenamento, prendeva il pallone e andava a tirare con quel sinistro contro il muro - prosegue Bonacina -. Una volta stavo preparando un percorso tecnico e mi ha preso in piena faccia: l'ho rincorso ma era troppo veloce e non sono riuscito a prenderlo (ride ndr.)".
I primi gol non sono tardati ad arrivare, tanto che Bonacina ha cominciato a chiamare gli osservatori dell'Atalanta alle partite per visionare questo bambino classe 2002 dal sinistro tanto potente che gli avversari si scansavano. "Essendo bravino e calciando bene in porta, lo facevo giocare sempre in mezzo al campo - racconta l'ex allenatore-. Bonifaccio (storico osservatore dei pulcini dell'Atalanta ndr.) un giorno mi chiese 'Dai fammi vedere Matteo giocare sulla sinistra che ci servono i bambini che sappiano giocare in quella posizione'. E da allora non si è più spostato".
I tre papà di Ruggeri: Ermanno, Bonacina e Gasperini
La fortuna di Matteo è stato avere tre papà nel corso della sua crescita calcistica. Il primo, Ermanno Ruggeri, sempre vicino assieme alla madre al figlio. Un legame forte con i genitori, a tal punto che Matteo si li è tatuati sulle cosce. Ermanno, ex calciatore di Eccellenza, non perde mai occasione di annotare al figlio cosa ha sbagliato durante le partite. Un modo per tenerlo con i piedi per terra, anche se non sempre viene ascoltato. Ed è qui che entra in gioco il secondo papà, Bonacina. "Mi dice che sono peggio di suo papà perché vado sempre a dirgli le cose che non ha fatto bene - spiega l'allenatore -. Con Matteo scherziamo di questo quando ci vediamo, ogni tanto mi abbraccia e mi fa 'Mister, almeno te'. Mi tocca fare il cattivo (ride ndr.)".
Poi c'è il terzo papà: Gasperini. Un maestro, che però non va sempre ascoltato. "Gli ha fatto da chioccia - racconta Bonacina -, è innamorato di Matteo. Da esterno ha trovato la sua dimensione anche se gli dico sempre di disubbidire un po' a Gasperini che gli chiede di arrivare sul fondo e mettere il cross. Ogni volta che è con me però gli ricordo di infilarsi nello spazio tagliando. Il suo primo gol tra i professionisti contro lo Sporting infatti è arrivato grazie a questo movimento. Va dato grande merito però a Gasperini perché l'ha proprio coccolato. Chi se lo aspettava facesse l'esordio in Champions League?".
La consapevolezza di essere un eccezionale ordinario in mezzo a straordinari
Il talento non basta nel calcio, a volte la dedizione e la costanza ti permettono di raggiungere obiettivi più alti. Ruggeri sa di non essere nato un fuoriclasse ma la testa e il suo grandi spirito di sacrificio lo hanno portato fino a qua. "Matteo dovrà sfruttare i suoi fondamentali. Cambiando le varie categorie giovanili è sempre stato quello che ha faticato di più degli altri, dando anche l'esempio a quelli più talentuosi. Ogni tanto mi dice 'Quando marco Leao con una piccola finta mi fa fesso' e io gli rispondo 'È perché lo marchi da fermo'. Non deve mai mettersi in testa di essere arrivato", gli ricorda Bonacina ogni volta che lo vede.
La strada è ancora lunga ma il segreto Matteo lo sa già: ci vorranno testa, cuore e voglia. I suoi cross sono sempre più decisivi, poi se cominciasse a "disubbidire" un po' di più a Gasperini, arriverebbero più gol.