La faccia pulita da bravo ragazzo. Pensieri e azioni che tradiscono l’età. ”Non mi piace l'idea di poter sbagliare solo perché sono giovane”. Matteo Pessina, centrocampista 23enne dell’Hellas Verona, è un calciatore atipico. “Non ho la Playstation, adoro cucinare e sono maniaco dell’ordine”.
Consapevole che c’è altro oltre al pallone. “Sono appassionato di balletto, mia sorella Carlotta è ballerina di danza classica. Più in generale, nell’educazione, i miei genitori sono sempre stati attenti alla cultura”.
La sua famiglia è di quelle normali. Papà commercialista e mamma architetto. “Da lei ho mutuato la passione per il disegno tecnico. Le materie scientifiche sono sempre state le mie preferite”. Ma non solo. “Mia nonna insegnava latino: stavo attento in classe e poi ripassavo con lei”.
Gli inizi
Nel 2015, dopo il fallimento del Monza, con il quale ha esordito in Serie C, viene rilevato dal Milan. L’inizio di una lunga gavetta. “È giusto che un ragazzo vada in prestito in categorie inferiori per farsi le ossa”.
Gira l’Italia in lunga e in largo. Lecce, Catania, Como (dove segna 9 gol in campionato, record personale) e La Spezia. Senza che il Milan decida di dargli una possibilità. Nonostante la medaglia di bronzo nel Mondiale U-20 in Corea del Sud. “Abbiamo fatto la storia: emozione unica”.
L’Atalanta di Gasperini, invece, decide di investire su di lui. E lo acquista nell’ambito dell’affare Conti. A Bergamo Pessina cresce. “Le sedute a Zingonia sono una grande palestra: ascolto i consigli del mister e osservo i movimenti di Freuler e de Roon. Come si smarcano, come trattano la palla, come aggrediscono l’avversario”.
Studente modello
Senza dimenticare la scuola. “Mi sono iscritto alla Luiss. Facoltà di Economia”. Nel gennaio 2019, dopo la trasferta di Frosinone (0-5, poker di Zapata), è rimasto a Roma. Il motivo? “Lunedì c’è l’esame di Economia aziendale”. Determinato e grintoso. Sui libri e sul campo. “Cerco di farmi trovare pronto quando il mister mi chiama. Lavoro per crescere e per cercare di giocare di più. Se non ci riuscirò, significa che dovrò impegnarmi maggiormente”.
Nell’estate del 2019 passa in prestito all’Hellas Verona. Firma e sceglie il numero 32. “Mi è sempre piaciuto. L’ha avuto anche Beckham”.
Al suo debutto, contro il Lecce, va subito in gol. Da subentrato. “Segnare tre minuti dopo l’ingresso in campo è stata la cosa più bella e inaspettata”. Il primo di 7 centri in campionato (soltanto a Como aveva segnato così tanto, 9). Quando segna, l’Hellas Verona non perde quasi mai (4 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta).
Amuleto e pedina ormai insostituibile nello scacchiere di Juric. “Lui e Gasperini sono due tra gli allenatori più forti in questo momento. Riescono ad imprimere un’identità precisa alla squadra. Sono fortunato ad averli avuti così giovane”.
di Davide Amato