Un filo da riannodare al più presto dopo che, giusto 10 mesi fa, una grande forbice lo aveva tagliato in due. Senza preavviso. Ora, circa 300 giorni dopo quello stop, la strada sembra più libera ed ormai in discesa. Piergiuseppe Maritato, classe 1989, nome noto tra gli attaccanti della Serie C italiana, può tornare finalmente ad essere un calciatore. Mercoledì, il libera della commissione medica della Lombardia che gli ha restituito l’idoneità per l’attività agonistica, venuta meno il 30 novembre dell’anno scorso per un insufficienza mitrale acuta che, a soli 30 anni, rischiava di costringere l’attaccante calabrese all’addio definitivo al calcio. Eppure mai un sintomo, mai un problema, mai un campanello d’allarme che potesse ricondurre al benché minimo problema cardiaco.
E’ lo stesso Piergiuseppe Maritato a raccontarci la sua storia in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com: “L’anno scorso giocavo con il Renate. La piazza giusta e tranquilla per rilanciarmi dopo il brutto infortunio di Reggio Calabria, la rottura del ginocchio per la seconda volta in carriera, che mi aveva praticamente tenuto fermo tutto l’anno. Sembra che le cose stessero girando finalmente per il verso giusto. La squadra è giovane ma io mi integro alla grande. Segno tre gol e siamo secondi in classifica”. A fine novembre, visita di controllo e la doccia freddissima per Maritato che si chiama insufficienza mitrale di grado severo. Viene ritirata immediatamente l’idoneità ed il Renate gli rescinde il contratto: “Stavo benissimo. Tant'è che resto quasi incredulo. Ma mi spiegano che c’è questa anomalia cardiaca e che quindi devo fermarmi. Non si tratta di un problema insormontabile ma mi comunicano anche che la patologia che ho, implica l'intervento chirurgico per poter continuare a fare la vita di tutti i giorni senza complicazioni. E’ stato sicuramente un momento di sbandamento. La mia vita rischiava di cambiare da un momento all’altro”.
Inizia l’iter medico che porta Maritato al San Raffaele di Milano, dove il 27 febbraio, mentre l’Italia sta per essere travolta dal Covid-19, viene operato a cuore aperto dall’equipe del dottor Alessandro Castiglioni: “Ho trovato grande disponibilità ed un personale medico che mi ha da subito rassicurato. Dopo circa venti giorni sono tornato a casa ed ho iniziato immediatamente la riabilitazione. Devo ringraziare per essermi stato vicino anche il dott. Francesco Vattimo, cardiologo che lavora a Bergamo. Siamo entrambi di Cetraro, in provincia di Cosenza, ma ci siamo conosciuti soltanto in questa mia brutta disavventura diventando grandi amici”. Il recupero prosegue spedito. Nel frattempo Maritato si porta avanti e pensa al futuro: si iscrive al corso Uefa B, il primo passo per diventare allenatore. Le visite di controllo, una dopo l’altra, non denotano nulla di preoccupante: “Da luglio ho iniziato ad allenarmi come se fossi in ritiro con doppie sedute di allenamento anche molto dure grazie al preparatore Marco Torelli, al quale va un altro sentito ringraziamento. Ho dovuto mettere alla prova il mio cuore che fortunatamente ha risposto alla grande. Tutti i medici erano certi che avrei riottenuto presto l’idoneità”. Ma l’ansia è ovviamente tanta anche perché l’iter burocratico che Maritato inizia nei primi giorni di settembre, sembra più lungo del previsto: “Ero molto fiducioso ma ovviamente finché non ho ricevuto nero su bianco la comunicazione di revoca della non idoneità, ogni giorno sembrava non finire mai. Poi mercoledì la tanto attesa notizia. Mi sono sentito rinascere”. Un capitolo che Maritato si è messo alle spalle anche grazie all’aiuto della famiglia: “Mia moglie Rossana e mio figlio Tommaso sono stati fondamentali. Ho capito che comunque sarebbe andata, avevo altre cose per cui valesse la pena alzarsi con il sorriso sulle labbra la mattina. Ma anche i miei tanti amici e la famiglia che, nonostante fossero a mille km di distanza, visto che io ho continuato a vivere in Lombardia e loro erano giù in Calabria, non mi hanno mai fatto mancare il loro supporto. Li ho ringraziati ad uno ad uno sul mio profilo Facebook. Era il minimo che potessi fare. Mi dispiace che invece qualcuno che pensavo fosse un amico nel mondo del calcio, è praticamente scomparso. Lasciamo stare che è meglio”.
Una carriera a due fasi
Ora c’è da riprendere una carriera finora a due fasi. Da giovanissimo, quando è considerato uno dei golden-boy del calcio italiano visto che veste da protagonista fino alla Primavera le maglie di Juventus, Fiorentina e Nazionale (anche un mondiale under 20 in Egitto per lui). Fino a diventare, con il passare degli anni, un attaccante di grande sacrificio della nostra Serie C con ben 13 maglie diverse in undici anni di carriera: “Diciamo che forse sono una promessa mancata, questo non lo so. Forse, magari da giovane mi sono un po' illuso e a tratti adagiato, lontano dalla Fiorentina ho perso un po' di fiducia e forse motivazioni. Di certo la fortuna non è mai stata dalla mia parte visto che mi sono rotto due volte il ginocchio, prima uno e poi l’altro, proprio in momenti cruciali della mia carriera”. Non tantissimi gol ma quello spirito di sacrificio che lo ha fatto diventare idolo in tante piazze. Gli anni più belli senza dubbio quelli con le maglie di Sudtirol, Vicenza e Livorno: “A Bolzano è stato il primo in cui ho avuto fiducia. Abbiamo perso una semifinale play-off contro il Carpi. L’anno dopo a Vicenza mi faccio male nel momento più bello della stagione proprio quando siamo a pochi punti dall’Entella capolista ed io sono capocannoniere della squadra con 8 gol. Nasce un feeling bellissimo con la città ed i tifosi. Veniamo ripescati in B ma purtroppo a Perugia, alla terza giornata, mi rompo i legamenti. A Vicenza mi sento ancora oggi a casa e mi capita spesso di sognare di esultare ancora sotto la Curva Sud. A Livorno invece arrivo quasi per caso. Ed anche lì, giocandole quasi tutte, vado in doppia cifra tra campionato e play-off. Un altro ambiente bellissimo. Ho vissuto un anno da favola”. Proprio Vicenza e Livorno però restano anche due grandi rimpianti: “Vicenza, non per colpa mia, non ho avuto la possibilità di giocarmela dopo l’infortunio. La mia storia sarebbe potuta cambiare se non mi fossi fatto male perché quella squadra sfiorò la Serie A perdendo la semifinale play-off con il Pescara dopo un campionato da sogno. Ci sarei rimasto a vita in biancorosso. A Livorno invece ho sbagliato a voler andar via. Purtroppo ci sono rimasto male per colpa di qualcuno che mi aveva promesso il rinnovo e non ha mantenuto la parola. Non volevo giocare un anno con la spada di Damocle del contratto in scadenza. Quella squadra ha poi vinto il campionato. Che peccato non esserci stato dopo tutto i sacrifici dell’anno prima ed il rapporto splendido che avevo con la tifoseria”.
"Ora mi guardo intorno"
E ora? “Beh ora sto iniziando a guardarmi intorno. Qualcuno si è già fatto sentire con i miei procuratori. Vorrei provare a rimanere tra i professionisti. Ma al di là di dove andrò a giocare, quello che mi lascia questa storia è sicuramente una prospettiva diversa. Forse negli ultimi anni il calcio era davvero diventato soltanto un mestiere. Adesso invece sento dentro quella voglia che avevo quand’ero ragazzino. Ho 31 anni ma me ne sento 15. Ecco, questa è l’unica cosa bella che forse mi lascia questo periodo. Voglio godermi al massimo quest’ultima parte della mia carriera e poi, il più tardi possibile, pensare magari a quello che voglio fare da grande. E poi, ho un ultimo grande sogno da realizzare: voglio entrare in campo con mio figlio Tommaso in braccio. Questa immagine, questo pensiero, mi ha dato la forza di non mollare nei momenti più difficili. Glielo devo, ora più che mai”.
A cura di Alessandro Storino