"Non vedo l’ora di tornare a casa”. In portoghese la chiamano Saudade, ovvero nostalgia. Mancanza di una famiglia, di un contesto dove si è stati bene. Il discorso vale ovviamente anche nel mondo del calcio. Quello di Lukaku è solo l’ultimo esempio di un grande ritorno dopo appena un anno di lontananza. Andata e ritorno in meno di dodici mesi. Eppure il Chelsea sembrava essere il suo sogno, ma le cose non sono andate per il verso giusto. Meglio quindi tornare indietro, cogliendo al volo un’occasione di metà giugno per riprovare a essere felici. L’Inter e Simone Inzaghi possono sorridere.
Da Bonucci a Buffon: grandi ripensamenti e una voglia matta di Juve
"Torino è casa mia, la Juventus è casa mia, sono felice di essere tornato". Così iniziava nel 2018 la seconda avventura di Leonardo Bonucci in bianconero dopo una parentesi al Milan e qualche screzio. Al primo anno sarà subito scudetto. Stesso discorso vale per Buffon. Anche Gigi aveva scelto di andare via, dopo 18 anni insieme. Ma dodici mesi dopo il dietfront: la voglia di Juve è troppa, quindi si torna e si va a caccia di record. Il 4 luglio 2020 nel derby vinto 4-1 contro il Torino, raggiunge le 648 presenze in Serie A e supera Paolo Maldini, portandosi al primo posto della classifica all time. Oggi gioca nel Parma, lì dove tutto è iniziato.
Specialità ritorni anche all’estero
Tornare nella propria squadra dopo una stagione succede solo in Serie A ma anche fuori dai nostri confini. Tra Tevez, Paulinho e Scholes i casi sono tanti. Tutti dopo un anno o anche meno. La storia del primo riguarda l’Apache e il Boca Juniors: un amore durato una vita, fatto di addii e ritorni. “Chiuderò la carriera qui”. Carlitos negli anni lo ha sempre detto e nel 2021 è stato di parola. Nel 2015 saluta la Juve per tornare a casa, li dove poi saluterà il calcio giocato. In mezzo però c’è la Cina. Da Buenos Aires a Shangai, biglietto di andata e poi ritorno, appena dodici mesi dopo. Troppo forte il richiamo di casa sua e nel gennaio 2018 il figliol prodigo ritorna alla bombonera. La Cina entra poi nella storia di un altro sudamericano, cioè Paulinho. Il centrocampista classe 1988 nel 2015 lascia il Tottenham in direzione Guangzhou. Poi però, due anni dopo, torna a farsi sentire la voglia di calcio europeo e al Barca è difficile dire di no. Quaranta milioni e una buona stagione in blaugrana. Appena un anno dopo tornerà però in Cina, sempre al Guangzhou. Le cose non andranno però per il meglio e sarà costretto a cambiare ancora, stavolta in direzione Emirati Arabi. Oggi è rientrato in Brasile e gioca nel Corinthians. Lì dove era esploso, prima di partire alla volta dell’Europa.
Poi c’è Paul Scholes. Un giro di campo con i figli e la moglie, il saluto di Old Trafford. L’ultimo tuffo nei cuori di quella che è stata la sua gente per oltre vent’anni e cinquecento partite. Ma non sarà così. Già, perché appena 6 mesi dopo Scholes ci ripensa. Lo United fa fatica, soprattutto a centrocampo e Ferguson alza la cornetta. “Paul ho bisogno di te”. Non ci pensa due volte, difficile farlo davanti a quello che è stato il tuo allenatore per tutta la carriera. Ultimo giro di giostra. Alla prima da titolare in Premier, contro il Bolton, punge da fuori area. Esultanza con la inguaccia e braccia aperte sotto i suoi tifosi. I Red Devils vinceranno la Premier, la numero undici della sua carriera. Ciliegina sulla torta e seconda giovinezza per Paul, che si ritirerà definitivamente un anno dopo.