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Data: 17/09/2016 -

L'Inter, la Nazionale, la 10. A tutto Thiago Motta: "Sono un italiano nato in Brasile"

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Il Barcellona, l'Inter, il Genoa, il Psg, la Nazionale, gli idoli e la numero 10: a tutto Thiago Motta. Il centrocampista degli azzurri si è raccontato nel corso di una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. Si parte dagli esordi e dagli idoli d'infanzia:

"Ho cambiato un po’ i miei idoli nel calcio. Quando sono arrivato a Barcellona a 16 anni c’era Rivaldo e lì mi sono innamorato. Baggio per esempio è uno che sempre mi è piaciuto però quello che mi ha impressionato di più è stato Zidane, per me era la classe assoluta nel calcio. A 16 anni sono andato a Barcellona. Ho giocato un torneo sudamericano in Uruguay con la Nazionale del Brasile under 17. Io giocavo in una squadra in Brasile che si chiamava Juventus, e in Nazionale ero l’unico giocatore che non aveva contratto. Allora un procuratore è andato a parlare con il club e con mio padre. Così è cominciata la mia vera carriera, dal Barcellona. Ero un ragazzo, malato di calcio e disposto a tutto per giocare. Disposto anche alla solitudine e alla nostalgia. Giocavo al calcio tutto il giorno, mi allenavo con i giocatori della prima squadra, volti e nomi che avevo visto sui giornali o nelle figurine... Io a sedici anni ho iniziato a lavorare, ad allenarmi con loro. In quel momento militavo nel Barcellona B che era come la squadra primavera. Poi ogni settimana giocavo una o due volte con la prima squadra. Come ho detto allora la star era il mio idolo Rivaldo. Per me, brasiliano, era il numero uno. Lui lo capì e mi regalò le sue scarpe da calcio. Dopo un anno e mezzo sono andato in prima squadra, ho giocato due anni insieme a lui. Era un fenomeno vero anche come persona. Mi ha trattato sempre molto bene".

Primo approccio con l'Italia, il passaggio nel Genoa: "Io, sinceramente non conoscevo molto la squadra del Genoa, non sapevo molto dove stavo andando, però avevo fiducia in Canovi. E ho fatto bene. Era un momento difficile per me. Il Genoa mi ha cambiato la vita come giocatore, come persona, mi ha cambiato tutto. Ho fatto un anno bellissimo sia a livello professionistico, sia a livello personale, ed è stato un anno che mi ha aiutato tantissimo a ritrovare fiducia in me e nel calcio. A Genova ho capito davvero che ciò che mi piaceva di più nella vita era giocare al calcio.. Quando sono arrivato al Genoa per molti dottori io non potevo tornare a giocare. Quando sono arrivato in rossoblù, ho cominciato a fare gli allenamenti, ho ripreso a giocare, era un ambiente con un entusiasmo enorme. I giocatori che c’erano in quel momento mi hanno aiutato. Io ho capito da subito che anche per loro io ero un giocatore importante perché mi avevano visto giocare al Barcellona. Si è creato un clima bellissimo e io ho capito del calcio qualcosa che non avevo visto prima. Oltre la mia famiglia, la cosa più importante era andare ad allenarmi, mi svegliavo al mattino con la gioia di andare al campo per faticare".

La scelta di giocare per l'Italia? Naturale: "Quando sono arrivato in Spagna ero già italiano, per le mie origini familiari, delle quali sono orgoglioso. Poi quando sono andato a Genova mi hanno detto che potevo giocare per la Nazionale italiana. Non ci credevo, era un privilegio poterlo fare. Io dico sempre che sono un italiano nato in Brasile, non solo per la storia della mia famiglia, ma per la maniera di essere e di giocare. Mi sento italiano". Thiago Motta spiega perché ha scelto il Paris Saint-Germain: "Io all’Inter mi trovavo bene. La verità è che c’erano persone nel club che non erano d’accordo con me, come, in verità, io non ero d’accordo con loro. Faccio un esempio per essere più chiaro. Branca, che allora era il direttore sportivo insieme a Oriali, non era d’accordo che io fossi nell’Inter in quel momento. Sentivo che non aveva più la fiducia di prima. Allora quando io ho avuto, sono sincero, la possibilità di andare al Paris Saint Germain, mi sono detto: 'Vado in un posto dove c’è un futuro per me o rimango qua a lottare e a cambiare quello che sta succedendo?' Però la vedevo molto difficile. Allora sono andato a parlare con il presidente. Moratti è sempre stato un gentiluomo, mi ha ascoltato, mi ha detto quello che pensava e poi siamo arrivati ad un accordo".

Il centrocampista azzurro descrive Verratti, suo compagno nel Psg: "Marco è un genio. Ha un talento innato. Marco, gliel’ho detto sempre, non so se sia il miglior giocatore che ho conosciuto ma è sicuramente uno dei più grandi". Favorite in Champions? "Potrebbe essere anche la Juventus, perché alla fine ci sono quattro-cinque squadre favorite: il Bayern, la Juventus, il Barcellona, il Real Madrid, il Paris St. Germain. E non dimentichiamo il Manchester City di Guardiola". Perché tante critiche in Nazionale? "Io so che sono un giocatore lento però ho altre caratteristiche che credo siano importanti nel calcio. Credo di vedere bene il gioco, di essere un buon incontrista, di avere senso tattico. Se non fosse così, non si capirebbe perché tutti i migliori allenatori mi vogliano in squadra e titolare. Per me il miglior centrocampista oggi è Kroos che gioca in Germania e nel Real Madrid. E se lei lo vede, non è un giocatore veloce. Però ha un’intelligenza fenomenale per giocare a calcio e ha anche i piedi per farlo. Alla Nazionale io, italiano nato in Brasile, ho dato tutto quello che potevo. Le critiche mi hanno fatto male. Agli Europei ho detto sempre che la cosa importante non sono io, è la squadra. La penso ancora così".

Thiago Motta, in chiusura d'intervista, torna sulla scelta di assegnargli la numero 10 ricevuto agli scorsi europei: "La 10 è un simbolo che è stato creato qualche tempo fa. Però è solo una creazione degli esseri umani. Il numero 10 è uguale agli altri. Non cambia niente, si può giocare con la 10, la 8 o la 6. Io sono io quando gioco a calcio, non posso e non devo cambiare. Io cerco di fare quello che ho fatto sempre in carriera".

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