Quando gli è arrivata la proposta del Latina non ci ha pensato un secondo: “Amo questa società e questa città, dopo il fallimento ho deciso di tornare per riportarla nelle posizioni che merita”. Ragazzo di cuore Ruben Olivera, prima la riconoscenza, poi tutto il resto. Latina andata e ritorno, con in mezzo un anno alla Liga Deportiva Universitaria de Quito, in Ecuador: “E’ stata una bella esperienza, ma per la mia famiglia è stato difficile adattarsi ad uno stile di vita tanto diverso”. Una carriera ad altissimi livelli, tra Serie A, B e Champions League, ora il fantasista uruguaiano riparte dalla serie D: “Sono spinto dalla passione, non guardo la categoria – Ha raccontato Olivera ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - Tanta gente mi diceva ‘ma che fai? Perché ti metti a giocare in Serie D?’, io però sono felice perché è stata una scelta mia e della mia famiglia nonostante le offerte che ho ricevuto”. Passione sincera, gliela si legge negli occhi, come la voglia di tornare a giocare: “E’ un mese che aspetto il transfer, finalmente sono tornato in campo”.
Lo ha fatto ieri nella partita contro il San Teodoro lontano da grandi palcoscenici, lontano da telecamere e ingaggi milionari. Lo ha fatto per passione, per una società che in un anno gli è entrata nel cure. Ora è felice Ruben, anche se quando guarda al passato pensa a come sarebbe potuto essere con un carattere diverso: “Avrei potuto fare molto di più, ero molto complicato e scontroso e questo mi ha tagliato parecchie strade. Però con gli anni e l’esperienza si capiscono gli errori fatti, ma non mi lamento perché era il carattere che avevo e non potevo cambiarlo”. Immagini che scorrono, ricordi che riaffiorano. Niente tasto rewind però, anche se qualcosa l’avrebbe volentieri evitato. Può bastare un insulto per cambiare una carriera? A volte sì, per conferma chiedere a Ruben Olivera: “Quando giocavo nella Juventus ho avuto un litigio con Capello: durante un allenamento ho chiesto un rigore che non mi ha concesso e l’ho mandato a quel paese. Da lì non mi ha più visto. Eppure per un anno e mezzo mi aveva trattato da grande giocatore, facendomi giocare anche al posto dei campionissimi che all’epoca vestivano la maglia bianconera”.
Da titolare a esubero, nel giro di pochi giorni. Una parola di troppo e addio Juventus: “Dico la verità: per giocare in una squadra come la Juve bisogna essere dei professionisti esemplari, e io non lo sono stato in quel periodo. Da lì ho iniziato un po’ a perdermi: sono andato alla Sampdoria dove ho avuto un problema con Novellino, poi alla Fiorentina con Montella…. E’ stato un susseguirsi di episodi. Le squadre quando mi prendevano mi chiedevano ‘come stai con la testa, ti sei calmato?’, non mi chiedevano ‘come stai fisicamente?’, e allora ti accorgi che qualcosa stava andando per il verso storto”. Peccati di gioventù, corretti con l’esperienza. Ora Ruben Olivera è un uomo diverso, dentro e fuori il campo: “Adesso sono molto più tranquillo. Passo le mie giornate con la mia famiglia. Ho due bambine e sto sempre con loro. Da buon sudamericano mi piace ascoltare la musica, così come alle mie figlie, che cantano sempre, soprattutto canzoni spagnole”.
L’Oliveira 2.0 è pronto a ripartire da Latina, di nuovo. Senza però smettere di sognare palcoscenici importanti, magari da vivere proprio con la squadra laziale: “Ho 34 anni ma sto benissimo, e penso che ancora oggi riuscirei a ritagliarmi dello spazio in Serie A, magari in una squadra che lotta per la salvezza. Ora però sono concentrato solo sul Latina e voglio chiudere la mia carriera qui”. Idee chiare, chiarissime. Anche quando gli chiedono se pensa mai di smettere: “Mai, mai, amo troppo il calcio. Anche da bambino sapevo fare solo quello: a 5 anni i miei genitori mi hanno portato in una scuola calcio che ha dato lavoro anche a loro e da lì è iniziato tutto”. E chissà quando finirà… “Spero più avanti possibile, ogni tanto ho pensato di chiudere al Danubio, la società dove sono cresciuto, ma ora la mia nuova casa e Latina e voglio rimanerci”.