Quando gli era stata chiesta la squadra favorita per la vittoria finale, José Mourinho rispose così: “Argentina e Portogallo faranno sicuramente bene, perché vi giocano Messi e Cristiano Ronaldo”. Raramente si sono viste squadre così caratterizzate dai rispettivi campioni. Perché altrettanto raramente si sono visti calciatori di questa portata. Nella notte di Sochi, il portoghese ne ha dato l’ennesima prova. In una classica del calcio delle nazionali, spada e mantello li porta lui.
All’attaccante del Real Madrid sono bastati quattro minuti per griffare i Mondiali di Russia. Si muove, riceve, scatta, dribbla e si procura il rigore, che poi trasforma. Poi quel tiro di sinistro a fine primo tempo, senza pretese: ma si sa, la fortuna aiuta chi osa e De Gea gli è stato complice. Ma cosa avrebbe mai potuto, con la partita che si avviava allo scadere, il portiere della Spagna, su quella traiettoria disegnata, epilogo di un episodio epico: squadra stanca, con esperienza Ronaldo induce Pique al fallo. Il resto è storia. Indici puntati verso il basso, salto verso il cielo ad esultare. Diego Costa, nelle vesti di un omerico Ettore con la sua doppietta, abbassa la testa sconsolato in panchina. La partita non ha vincitori nell’assegnazione dei punti, ma il morale più alto è quello dei portoghesi. In particolare quello di chi ha la forza di caricarsi una squadra sulle spalle, di farla andare oltre i propri limiti e di colpire con una lucidità straordinaria. Su rigore, su azione, su punizione: è il più vecchio a segnare una tripletta nella storia dei Mondiali. Semplicemente, infinito.
Cosa sarà della Spagna adesso, non è dato saperlo. Difficile immaginare un’eliminazione quando a contendergliela sono Marocco e Iran, ma questi ultimi possono guardare tutti dall’alto, primi a sorpresa nel girone. La tripletta di Cristiano Ronaldo conferma la tradizione negativa degli spagnoli quando vestono di bianco: l’ultima volta in competizioni internazionali era contro l’Italia, agli scorsi Europei. Il portoghese potrà sorridere, di gusto: per i tre gol, per aver mantenuto un tabù, per aver aumentato i dubbi in uno spogliatoio già agitato dopo l’esonero di Lopetegui a cui i giocatori si erano apertamente opposti. Una ferita che potrebbe risultare mortale: non sempre, infatti, il toro viene graziato, a fine corrida. Mai, invece, se il matador è Cristiano Ronaldo.