Nella puntata di "Che Tempo Che Fa", talk show condotto da Fabio Fazio e in onda sul canale Nove, di domenica 28 gennaio è stato invitato come ospite anche l'attaccante del Milan Rafael Leao. Il portoghese ha presentato il suo primo libro "Smile. La mia vita tra calcio, musica e moda" e rilasciato alcune dichiarazioni.
"Pensavo fosse arrivato il momento di fare questo libro, ci sono molte persone che vogliono sapere di me, della mia vita, della mia infanzia, del mio passato", ha detto Leao a Che Tempo Che Fa.
Sul fatto che sorride sempre: "E' il mio modo di vivere, di combattere le persone che sono contro di me, è un modo per vedere che io non ho bisogno di parole".
Sul giorno dello scudetto: "Non lo dimenticherò mai. Quando eravamo in pullman c'era un ambiente bellissimo, sapevamo che era la nostra giornata. L'arrivo in piazza del Duomo è stato incredibile, uno dei momenti più importanti della mia carriera".
Leao: "Dobbiamo tutti combattere il razzismo"
Sull'episodio degli insulti razzisti a Maignan a Udine: "Lui era molto nervoso, non voleva giocare, non era la prima volta che si creava una situazione del genere. Noi siamo stati con lui, siamo andati negli spogliatoi con lui. E' una cosa che dobbiamo combattere, dentro al campo. Tutti i giocatori e anche le società, voglio ringraziare il Milan che nell'ultima partita al minuto 16 ha fatto fermare la partita. Dobbiamo combattere il razzismo".
Sul Milan: "Se ho mai pensato di andare via? No. Ho avuto le mie difficoltà all'inizio, quando si arriva qua è diverso dalla televisione. Maldini mi ha aiutato tanto, voglio salutarlo. Mi ha chiamato prima che arrivassi al Milan, non potevo dire di no. Se mi ha sgridato? Sì, certo, è una personalità forte, è esigente, ma mi ha aiutato a crescere come uomo. Se mi manca? Sì, certo".
Leao: "Il Milan ha fatto benissimo a far tornare Ibrahimovic"
Su Ibrahimovic: "Lui è come sempre, non è cambiato nemmeno da dirigente. Avrei voluto giocare più anni con lui, è una persona incredibile. Il Milan ha fatto benissimo a metterlo ancora con noi, siamo sempre uno in più con lui. Dal punto di vista mentale è incredibile. Simpatico? Ehm... Sì (ride, ndr)".
Sulla sua infanzia: "Abitavo con mia nonna, perché mio papà lavorava tutti i giorni, ancora oggi ho gli stessi amici di prima, credo che ora siano orgogliosi. Il calcio decisivo per finire bene nella vita? Sì, sono stato fortunato. I miei amici appena ho toccato un pallone hanno capito che avevo qualcosa di diverso, mi dicevano che potevo arrivare a un alto livello".
Su come è stato scoperto: "E' stata una persona che abitava vicina al mio palazzo, mentre giocavo ai giardini vicino casa mia è venuto a chiedermi se giocassi già da qualche parte. Mi ha portato lì, ho fatto un torneo e poi sono andato al Benfica. Mio papà non poteva portarmi all'allenamento e c'era un van per i ragazzi che non abitavano a Lisbona. Il primo giorno lo aspettavo fuori da scuola, non è passato. E' successo per una settimana, non è mai passato. Ho pianto tanto... Quindi ho lasciato il Benfica, sono andato allo Sporting ed è cambiata la mia vita".