“Le partite di Iachini iniziavano alle 10:30. E quando perdeva…”. “Pioli riservato ma già allenatore”. Da amici ad avversari, il racconto degli ex compagni
Uno a Firenze ci ha passato cinque anni, l’altro addirittura sei. Dalla finale di Coppa Uefa all’inferno della Serie B: Iachini e Pioli in viola ne hanno vissute di tutti i colori. Stagioni di emozioni, gioie, lacrime e sofferenza. Ma, soprattutto, di tanto amore. Quello dei tifosi, in primis. “Beppe Iachini picchia per noi” urlava il Franchi, pazzo di quel ragazzo basso e biondo, che aveva rinunciato al Napoli di Maradona per quei colori. Gli azzurri, poi, vinsero lo Scudetto, mentre lui si ritrovò a lottare per i campi della B. Ma non si è mai pentito della sua scelta, anzi. Correva più di tutti Iachini, perché “Quelli più forti di me dovevano rimanere lucidi per portarci alla vittoria”. Una generosità contagiosa, alla quale nemmeno Baggio rimase indifferente. Il Divin Codino lo chiamava “cozza” perché, prima di un Sampdoria-Fiorentina, Iachini gli si avvicinò: “Tranquillo Robin, Katanec lo prendo io. Lo apro come una cozza” lo rincuorò. Sì, perché Beppe era un mediano, di quelli che “o prendo la palla o la gamba”. A Firenze, poi, nasceranno due dei suoi tre figli, quasi a consolidare con il sangue un rapporto già magico.
Pioli, invece, era un po’ diverso caratterialmente. Uno stopper calmo e riflessivo, di quelli gentili ma efficaci. A Firenze ci arriva insieme ai “Beppi”, ovvero Iachini e Volpecina. Uno Scudetto da riserva nella Juve nel suo palmares, un posto in Nazionale da conquistare lottando contro Ferri e Vierchowod. Un bruttissimo infortunio contro il Werder Brema a Perugia gli fa saltare il ginocchio, uno scontro fortuito a Bari gli causa un arresto cardiocircolatorio che fa temere il peggio. Ma dopo tre giorni di ospedale si rialza e continua a lottare, prima di dover lasciare Firenze fra le lacrime. Quella città e quei colori li riabbraccerà diversi anni dopo, in veste di allenatore, chiamato nel pieno di una rivoluzione con lo scopo di riportare un giorno la Fiorentina laddove merita. Sulla sua strada, domenica, ci sarà proprio Iachini, che con la sua tenacia si è caricato il Sassuolo sulle spalle per evitare una stagione con lo spettro della Serie B. Ex compagni per sette anni (se si considera anche la parentesi al Verona) e ora contro in giacca e camicia.
“Ma alla fine erano due allenatori già quando giocavano – racconta a Gianlucadimarzio.com Gianluca Luppi, terzino destro della Fiorentina dal 1992 al 1995 – diciamo che hanno mantenuto le aspettative”. Tante le vigilie vissute accanto a loro, molte addirittura in camera con Iachini. E non era sempre semplice: “La partita di Beppe cominciava già la mattina, verso le 10:30 – ricorda ridendo – iniziava a camminare per la stanza, a fare stretching, a parlare degli attaccanti avversari… mi prometteva che sarebbe venuto ad aiutarmi in raddoppio sulle punte. Poi andava in giro per l’albergo ad incitare i compagni. Era uno spettacolo”.
“E quando perdeva erano guai – ricorda Francesco Baiano, ala che passò a Firenze dopo i gol segnati nel tridente del Foggia dei miracoli – Dopo ogni sconfitta tuonava negli spogliatoi. Da allenatore è diverso. non puoi sempre urlare. Anzi, delle volte serve essere calmi nelle difficoltà e sgridare i tuoi giocatori quando le cose vanno bene. Pioli era molto più riservato, ma non per questo meno carismatico. I risultati che ha ottenuto da calciatore e da allenatore parlano per lui”
E non poteva mancare anche il parere di una delle stelle di quella Fiorentina, quel classico giocatore che i tifosi continuano a rimpiangere. “Ah, ci vorrebbe un Carlos Dunga” ripetono in molti. Il brasiliano, che è tornato a Firenze in questi giorni per la Hall Of Fame Viola, si è espresso così sui suoi ex compagni di avventure: “Quando ami il calcio come loro fatichi ad abbandonarlo e sei disposto a reinventarti in altre vesti, come allenatore o dirigente. Iachini ha nell’agonismo il suo forte, mentre Pioli è sempre stato bravo a coordinare la difesa”. E allora appuntamento a domenica. Un giorno da avversari che, comunque vada, non potrà cancellare una vita da compagni.