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“Diamo tutto, mancano due minuti”. Partiamo dalla fine per raccontare la partita di Ivan Juric. Quella di Roma è la vittoria del suo carisma e delle sue idee. Il Verona gioca uomo su uomo a tutto campo. Come Lovato, una delle sorprese tattiche del croato. Da difensore a centrocampista per seguire Milinkovic Savic e arginarlo in tutte le zone del campo.


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Poi c’è Tameze, l’altra intuizione vincente. Anche di Tony D’Amico, 40 anni e ds più giovane della Serie A, che ha costruito una squadra quasi a costo zero. A fine estate era arrivato con l’identikit da mediano. Aveva come idolo Vieira, al Nizza è diventato il suo allenatore. Con Juric, contro la Lazio si muove addirittura da punta. Un attaccante atipico: il francese pressa il centrale, smista, crea varchi e… attacca la porta. Quarto gol in carriera, il primo in Italia. Il 26enne sfrutta sì un errore di Radu, ma ha il merito di crederci. Era in fiducia e si vedeva tra colpi di tacco e veroniche.


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Qualche segnale negativo lo aveva colto invece Simone Inzaghi già nel riscaldamento. Ritmi troppi bassi e subito colloquio con i suoi, qualcosa già non lo aveva convinto. La Lazio in casa non sa più vincere: una sola vittoria il 24 ottobre contro il Bologna. La striscia peggiore dalla stagione 2009/10.


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Tattica

“Se avessi giocato con Di Carmine avrei preso tre gol”, disse Juric lo scorso febbraio. Quel giorno il suo Verona, sempre all’Olimpico, fermò una Lazio in piena corsa Scudetto. Questa sera ha fatto ancora meglio: a Roma i gialloblù non vincevano dal dicembre 1984. Nessun giocatore in rosa era ancora nato. Anche allora fu decisivo un autogol (di Podavini). Stavolta è Lazzari a infilare la sua porta su un’azione da quinto a quinto. Proprio come piace all’Atalanta di Gasperini, il maestro di Juric sconfitto anche lui due settimane fa: "Da lui ho imparato tutto quello che so del calcio da allenatore. Siamo diversi come persone, modo di approcciarci ai giocatori, modo di essere ma a livello calcistico ho preso solo da lui”. Dicevamo del centravanti. Lo scorso campionato toccò a Verre fare il falso nueve e non dare punti di riferimento. Scelta replicata con successo grazie a Tameze.


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Carisma

Poi c’è l’aspetto caratteriale. Vedere allenare Juric è uno spettacolo a sé: urla dal primo all’ultimo minuto e non si ferma un attimo. Accanto a lui anche Simone Inzaghi sembra tranquillo. Juric si prende la scena, telecomanda la squadra mentre cammina sulla linea laterale. L’area tecnica come se non esistesse. Il Verona sblocca la partita, ma lui continua a chiamare il pressing. Si arrabbia quando Caicedo (quarto gol in campionato, a secco invece Immobile che aveva sempre segnato quest’anno in A) pareggia, poi nel giro di pochi secondi torna a incitare la squadra.


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Nel finale Colley cade a terra: “Alzati, questa è una battaglia”, gli urla. Gli ultimi minuti sono una sofferenza. Che liberazione quando Silvestri la fa sua in uscita alta, l’esultanza dell’ex Genoa è la stessa di un gol. Mai come al triplice fischio: pugni chiusi e abbracci con i suoi giocatori. È la vittoria di Juric.