Alta statura, stazza imponente. Sguardo deciso e convinto, come quello di quando era bambino e sapeva già quale sarebbe stata la sua missione: “Ho iniziato molto presto a giocare a calcio, all’età di 5 anni. Sin da piccolo ho sempre avuto il desiderio di diventare un calciatore professionista”.
“AVEVO IL SUO POSTER IN CAMERA”
Jess sognava Beckham nel film di Gurinder Chadha, Adrien Tameze sognava Patrick Vieira: “Mi faceva impazzire da giocatore. Faceva parte di una generazione che ha segnato la storia del calcio francese. Quando guardavo le partite osservavo più lui che la palla: era impressionante. In camera avevo un suo poster di quando giocava alla Juventus”. Il calcio come un sogno, sin dalla tenera età.
“DA TUTTO A NULLA”
Nel 2014, però, l’intoppo nel percorso di crescita, e la paura che i sogni nel cassetto stessero per svanire per sempre: si ritrovò senza contratto, scaricato dal Nancy. Tameze dovette fare qualche passo indietro. Tornò a vivere da sua mamma Marthe, a Lille: “Passai da tutto al nulla. Mi allenavo solo, ma è stata un’esperienza formativa: col senno del poi, sono contento di averla vissuta, perché ne sono uscito più forte e più maturo. Prima non avevo un comportamento che potesse permettermi un posto tra i professionisti, adesso l’ho capito. A Nancy mi etichettarono come giovane promessa. Feci subito qualche apparizione in prima squadra, ed ero galvanizzato. Poi, quando tornavo con le riserve non mi impegnavo molto. Era un atteggiamento poco professionale. Quei sei mesi da solo mi hanno fatto imparare bene la lezione: grazie alla mancata conferma ho capito quali fossero gli sforzi necessari per compiere il salto di qualità”.
Un grande maestro di calcio (e non solo di calcio) una volta disse: “Esiste la vittoria che non serve a nulla, e la sconfitta che serve a tutto”. Parole di Marcelo Bielsa, uno che raramente parla tanto per dare aria alla bocca. Da quella sconfitta per Tameze arrivò prima la maturità, poi la chiamata del Valenciennes per un provino. E tutto ricominciò. Merito di David Le Frapper, allenatore che credette nel ragazzo e lo rilanciò: “Adrien respira calcio. È intelligente e ascolta. Si fa volere bene”. In poco tempo, Tameze riconquistò tutti, per doti fisiche, tecniche, e anche per il carattere, che aveva finalmente portato a termine il processo di formazione.
Nel 2017 la chiamata di Lucien Favre a Nizza, che non esitò a farlo debuttare in Champions League pochi giorni dopo il suo arrivo, nel preliminare di ritorno contro il Napoli: “Adrien è un ragazzo che cresce. Ama partire palla al piede e fare le incursioni: è importante avere calciatori capaci di avanzare col pallone. In fase difensiva, è bravo anche a chiudere”.
SOGNI CHE DIVENTANO REALTA’
Poi, il sogno che si avvera: sulla panchina del Nizza arriva proprio Patrick Vieira. L’idolo d’infanzia divenuto suo allenatore. Tra i due il rapporto parte subito col piede giusto: “Sono contento di Tameze – dirà Vieira. È un calciatore che ha un grande volume di gioco. Inoltre, è una persona positiva, sia dentro che fuori dal campo. Partecipa alle trame offensive ma vorrei che si sbilanciasse ancora di più: dovrebbe segnare più reti”. Poi, qualcosa si ruppe: dopo il primo anno condito con 37 presenze in Ligue 1, l’anno seguente Tameze perde il posto da titolare. A gennaio è partenza, destinazione Bergamo, in quel campionato che sognava da piccolo, quando ammirava il suo idolo Vieira: “La Serie A è sempre stato un campionato che guardavo. Ci giocavano le più grandi squadre al mondo, e i più forti calciatori”, disse al suo arrivo all’Atalanta, dove tuttavia non è riuscito a trovare troppo spazio, coperto da Freuler e De Roon, autori di un’altra straordinaria stagione. Il riscatto non è arrivato, ma la mancata conferma non è più una disfatta per il ragazzo, bensì motivo per tornare più forte di prima: Tameze lo ha imparato in quei sei mesi di disoccupazione più utili e preziosi, forse, di tanti altri anni passati sui campi di gioco.
A rilanciarlo, questa volta, sarà l’Hellas Verona di Ivan Juric, propositore di un calcio adatto alle sue caratteristiche (non è un caso che l'allenatore del Verona sia un discepolo di Gian Piero Gasperini, l'ultimo allenatore ad aver voluto Tameze in squadra). Centrocampista completo, capace di giocare anche davanti alla difesa, e dotato di una grande progressione palla al piede. L’Hellas avrà un nuovo elemento importante per assicurare l’equilibrio del suo centrocampo. Perché Adrien Tameze è un po’ un banchiere, come lo definiva Patrick Vieira: “Lui mi considera il suo banchiere: è come se lui mi desse i suoi soldi e il mio compito fosse quello di non perderli”. Juric ha fiutato il colpo, e adesso ha un nuovo banchiere di fiducia: i frutti degli investimenti, al Bentegodi, si vedranno tra qualche settimana.