Tre fischi in uno stadio deserto. Strisce nere su un Kandinsky. Rumore e colori della Champions, dove il cristallo diventa diamante.
La Lazio sorride in uno strano silenzio. 13 anni da Real Madrid-Lazio, cinque da Lazio-Bayer, oggi. Vai i fantasmi, o quasi, perché un 5% di incertezza ancora resta. In una tipica, ironica, puntuale, storia da Lazio, che ne riassume benissimo l’esistenza.
Soffrire fino in fondo dopo un giorno storico. In caso di quarto posto, con un doppio successo di Roma e Napoli in Europa e Champions League, la Lazio vedrebbe sfumare il ritorno nell'Europa più importante. Un sogno molto difficile per due, un incubo in un angolo della mente per chi arriverà dietro le prime tre. Per questo, Inzaghi vuole (ri)scalare un’altra posizione. All'Olimpico si festeggia, sì, ma con riserva.
Champions, quasi
Inzaghi batte il Cagliari 2-1 e tocca le 200 panchine con la Lazio. Contro il Napoli supererà Zoff e diventerà l’allenatore più presente della storia laziale. Nel 1999, proprio contro i sardi, arrivò il primo gol in A con i biancocelesti. La chiusura di un cerchio, pure per lui.
Iniziato a Caramanico, al primo ritiro con gli Allievi, e continuato con una promessa di Lotito. “Simone, ti porto in A”. Poi ripagato: “Lazio, ti porto in Champions”. Diventata una maledizione, un “vorrei e potrei, ma non ci arrivo”. Tutto scorre, tutto torna: 4608 giorni dopo sarà di nuovo grande Europa (forse).
L’11 dicembre 2007 l’ultima gara in Champions, una sconfitta per 3-1 contro il Real al Bernabeu. C’erano Raul, Robben e Robinho. Era la Lazio di Delio Rossi, Rocchi e Pandev. Di quella squadra è rimasto solo Radu, che arrivò a gennaio dalla Dinamo Bucarest con la Lazio già fuori dai giochi. Inzaghi era in prestito all’Atalanta.
Il flusso dei ricordi, poi, riporta all'amarezza: Handanovic e il rigore fallito da Zarate nel 2011, l’Udinese bestia nera, gli anni dell’Europa League, Salisburgo, Vecino. Sostituiti, oggi, dal miglior gruppo dell’era Lotito: i 31 gol di Immobile, i 15 assist di Luis Alberto, la fisicità e l’arroganza tecnica di Milinkovic, il leone Acerbi e lo sprinter Lazzari. Leiva e Radu, Strakosha e Parolo, presente a Leverkusen e presente oggi. A proposito di cerchi.
Rivincita
Infine Bielsa, il primo a cui va detto grazie, perché se il Loco non avesse tenuto fede al suo soprannome la storia avrebbe preso un’altra piega.
Nel 2016, ad Auronzo, i tifosi annullavano le prenotazioni per il ritiro, illusi da un affare sfumato e tanta incertezza. Inzaghi iniziò la sua sfida tra lo scetticismo e il solito silenzio, ma con le idee chiare. Oggi rinconquista ciò che è sfumato. Perché dopo Pearl Harbor, per fortuna, ci sono le Midway.
Storie di uomini, di vita, di sogni, di promesse, di rivincite, in un quadro bianco e celeste dove il nero non esiste più. Solo colori, con le dita incrociate e il pennello in mano, perché ormai manca solo la firma. C'era un sogno, era la Champions, sarà realizzato.