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Data: 11/09/2018 -

Kosovo in festa, l’emozione del capitano Ujkani: “Siamo una squadra di fratelli”

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Nella prima storica vittoria della nazionale del Kosovo in una partita ufficiale si possono trovare molti aspetti legati non soltanto al calcio. Si possono leggere storie di tradizioni, di ambizioni ma anche di orgoglio e sofferenza. Il 2-0 contro le Isole Faroe è arrivato in occasione della prima partita giocata allo stadio Fadil Vokrri, dedicato all’ex presidente federale scomparso pochi mesi fa. A lui, che tanto ha combattuto perché il Kosovo venisse riconosciuto dalla FIFA e dall’UEFA, è stata dedicata la serata più bella della - finora breve - storia di questa nazionale.

A guidare la squadra che è riuscita in questa bella impresa c’era Samir Ujkani, portiere e capitano di un gruppo di ragazzi uniti dall’amore per il calcio ma anche e soprattutto del proprio paese. Nei loro confronti Samir ha un compito importante, una responsabilità che supera anche i momenti meno semplici, come lui stesso racconta a GianlucaDiMarzio.com. “Siamo un gruppo molto giovane, io ho trent’anni e sono il più vecchio mentre la maggior parte degli ragazzi ha tra i 18 e i 25 anni - spiega - ma stiamo parlando di calciatori che hanno davvero talento e giocano già in squadre importanti in Europa. Sono forti e soprattutto sono molto uniti perché conoscono la storia del nostro paese, sanno quanta sofferenza hanno dovuto attraversare anche le nostre famiglie”.

“La vittoria di ieri è stata importante, sia perché si trattava della prima partita giocata nel nostro nuovo stadio sia perché quell’impianto è dedicato al nostro ex presidente federale; Fadil Vokrri ha fatto un grande lavoro perché il Kosovo venisse accettato dai massimi organi del calcio mondiale, ma purtroppo non ha potuto vedere la prima gara giocata in casa perché non è più con noi da qualche mese. Anche per questo il successo di ieri è stato da brividi, una serata davvero speciale ed emozionante davanti a tutti quei tifosi. Loro, per essere presenti, sono corsi ad acquistare subito i biglietti e nel giro di un’ora e mezza lo stadio registrava il tutto esaurito”.


Squadra, famiglie e tifosi uniti nella gioia di una vittoria storica e una festa che naturalmente è andata avanti tutta la notte: “Certo, è stato bellissimo perché tutti aspettavano questo successo visto il grande talento che c’è in squadra - racconta ancora il capitano - noi giochiamo bene ma negli ultimi giorni abbiamo anche sofferto lo stress per la grande pressione che questa prima partita in casa ha portato con sé. Siamo stati davvero fantastici, abbiamo fatto vedere a tutti che il nostro è un bel calcio. Quello che più ci interessa è la costruzione della nostro identità. Se si guardano le statistiche della partita contro le Faroe si può vedere che il possesso palla è largamente a nostro favore e che abbiamo creato le nostre occasioni impostando le azioni da dietro. Anche se la pressione si sentiva, eccome…”.

I primi minuti con un livello di tensione forse troppo elevato, poi tutto è diventato un po’ più semplice; dopo un primo tempo giocato contro una squadra molto chiusa dietro e con qualche difficoltà a trovare l’ultimo passaggio, il Kosovo è riuscito a segnare e a liberarsi così dal peso che tutto l’ambiente aveva sulle spalle. “In quel momento abbiamo capito che potevamo fare bene ed è stato bellissimo. Dopo il fischio finale per pochi secondi abbiamo festeggiato come pazzi, poi siamo come crollati perché mentalmente eravamo davvero molto stanchi. Allo stadio erano presenti tutte le persone più importanti del Paese e anche le nostre famiglie, che ci seguono sempre. Con loro la soddisfazione è stata ancora più grande e la festa è andata avanti fino al mattino. Lo meritavamo, e lo meritavano anche tifosi”.

Quando parla del gruppo che guida, Ujkani lo fa con con orgoglio, consapevole del fatto che a unire i calciatori del Kosovo non è soltanto il fatto di essere nati nello stesso Paese, ma anche un forte legame con la propria patria: “Quando ci ritroviamo in nazionale siamo tutti fratelli e questa è la forza che ci spinge a cercare di costruire un’identità. Non soltanto per arrivare alle vittorie ma per far sì che tutti vedano il Kosovo come una squadra che gioca bene, che ha delle caratteristiche ben precise. Anche grazie alla Nations League, che ci permette di affrontare squadre del nostro livello, stiamo riuscendo a costruire il nostro percorso. Certo, affrontare le nazionali più forti è bello, ma trovarsi davanti la Croazia di Modric e Mandzukic… fa un certo effetto! Quello che conta è restare sempre attenti, il problema più grande per un gruppo così giovane è rimanere con i piedi per terra. Dopo l’amichevole contro l’Albania giocata a giugno tutti parlavano di noi come del nuovo Barcellona, ma poi nella gara contro l’Azerbaijan abbiamo fatto grande fatica. Ieri, prima della partita, ci siamo ritrovati, ci siamo guardati negli occhi e non abbiamo pensato ad altro. È così che abbiamo vinto, in questo modo ci siamo sbloccati”.

Il legame con la propria terra, la voglia di crescere ancora mettendo da parte tutte le difficoltà e un obiettivo ben preciso: “E’ chiaro che ci piacerebbe qualificarci per l’Europeo ma adesso vogliamo far sapere a tutti chi siamo e certamente la Nations League dà questa possibilità e anche la speranza di arrivare a raggiungere grandi traguardi. Ci proviamo, daremo tutto per riuscirci ma il nostro tipo di gioco non deve cambiare perché i risultati possono arrivare solo se i nostri giocatori crescono uniti, assicurando così un futuro al Kosovo”.

E Samir ci crede davvero, perché vede negli occhi dei suoi compagni un sentimento davvero profondo che può rivelarsi fondamentale per raggiungere qualsiasi tipo di obiettivo: “Vedere dei ragazzi così giovani e così legati, che davvero si vogliono bene, mi rende orgoglioso come uomo e come capitano. Sono felice di aver contribuito a creare questa giusta mentalità all’interno della squadra - conclude Ujkani - stiamo parlando di calciatori che escono insieme e si divertono condividendo il loro tempo, magari cantando le canzoni tradizionali che si cantavano nel nostro paese 25 o 30 anni fa, quando molti di loro non erano nemmeno nati. E questo è davvero bellissimo”.



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