La sua carriera si può dire che sia iniziata dopo quel 'gran rifiuto' che gli ha cambiato la vita e il modo di pensare. Ha messo un punto, è andato a capo ed ha ricominciato. Kieran Trippier sa che da quel 'no' del Manchester City ne è uscito più forte, sicuramente diverso da prima. E' stato scartato dai Citizens, era "distrutto" ma non abbastanza da non riuscire a ricostruirsi. "Ho dovuto fare un passo indietro per fare un passo avanti. Tutto è cominciato dall’addio al City“.
Tutta la trafila nelle giovanili aspettando la chiamata in prima squadra che non è mai arrivata. Poi il Barnsley, come una rinascita. L'incontro con Sean Dyche, in una parola: fondamentale. "Mi ha aiutato moltissimo. Ero giovane (20 anni appena si trasferì, n.d.r.), uscivo, andavo a bere qualcosa con gli amici ma non mi prendevo cura di me stesso come un professionista dovrebbe fare". Insomma, un altro Trippier rispetto a quello di oggi. Ma Dyche ebbe davvero un ruolo cruciale nella sua carriera. Ci ha parlato, gli ha dato fiducia, l'ha fatto diventare un difensore migliore. Ancora oggi si sentono. Una chiamata ogni tanto, per restare in contatto. E allo stesso Trippier non dispiecarebbe in futuro essere allenato ancora da quell'allenatore che per lui ha significato così tanto. "Mai dire mai".
Il mercato ora però per Trippier, che dal 2015 è al Tottenham, parla italiano. Il Napoli lo ha messo nel mirino, è stato fatto un sondaggio con il suo entourage ma gli Spurs semifinalisti di Champions League preferiscono rimandare i discorsi di mercato a fine stagione. E poi c'è anche la concorrenza del Manchester United, altro club alla ricerca di un esterno di difesa. E ancora Manchester (anche se sponda 'rossa') che ritorna d'attualità per Trippier.
Nato a Bury, nella contea della Greater Manchester, in una famiglia di tifosi dei Red Devils. Papà Chris soprattutto. "E' pazzo, dell'Inghilterra e del Man United". 'Matto' a tal punto che nel giardino di casa nel 2015 piantò una bandiera con un'asta alta oltre 3 metri e inevitabilmente con il numero 2 di Kieran. Il comune gli chiese di toglierla ma era fuori discussione. Lettere, richieste scritte, ma non ci fu niente da fare. "Disse che non l'avrebbe tolta, è stato pazzesco".
Aneddoti e storie, tra vita privata e carriera del terzino che chiamavano 'il Beckham di Bury'. Non tanto per la somiglianza (un altro soprannome di Trippier era 'Frodo'...), quanto piuttosto per le capacità nel calciare le punizioni e segnare in queste occasioni. Un gol così l'ha realizzato contro la Croazia nel Mondiale di Russia dell'anno scorso ed ha interrotto il digiuno inglese che durava dal 2006 quando fu proprio David Beckham a segnare direttamente da calcio piazzato contro l’Ecuador: da allora nessun altro inglese ci era riuscito.
Orgoglio d'oltremanica, quel gol l'avrebbe inserito nella storia dei Tre Leoni ma alla fine non contò nulla ai fini del risultato contro i croati. La bellezza della realizzazione comunque resta, così come la consapevolezza di essere sempre pericoloso su punizione, lui che prima di esordire in nazionale maggiore ha giocato in tutte le categorie inferiori, dall'Under18 all'Under19 fino all'Under21, trampolino verso il debutto tra i senior datato giugno 2017 in occasione di una gara di qualificazione al Mondiale contro la Scozia.
L'attesa come premio, sempre, più che punizione. Perché questa parola indica solo le occasioni che ha da palla inattiva in campo. Trippier ha un fratello maggiore, più grande di 4 anni, che è stato per lui fonte d'ispirazione ma non si assomigliano affatto e hanno cognomi diversi. Tuttavia il suo mito da ragazzino era proprio lui, Kelvin Lomax, con solo una 'L' in più nel nome per distinguerlo dall'Avvocato del Diavolo del cinema. Quando Kieran è diventato abbastanza grande da avere appuntamenti fissi in settimana per gli allenamenti, i genitori si dividevano tra lui e il fratello. Lunedì, mercoledì e sabato accompagnavano al campo Kieran, martedì, giovedì e domenica invece Kelvin.
"Quando ero piccolo mio fratello giocava nell'Oldham e io lo andavo sempre a vedere, ogni settimana. Gli allenamenti, le partite, anche quando calciava da solo contro il muro. Lo guardavo perché era un professionista e io volevo diventare come lui". Adesso si può dire che sia andata meglio a Kieran, ma suo fratello resta comunque il suo punto di riferimento: “E' la persona su cui posso contare. Se gioco bene me lo dice, se gioco male anche. È il tipo di persona di cui ho bisogno: qualcuno che sappia davvero chi sono“. Allora come adesso che è il terzino del Tottenham e della nazionale inglese con il mercato che bussa alla sua porta.