C’è chi lo chiamava, a Roma, “er tendina”, per quella capigliatura con la fascia che è quasi un suo marchio di fabbrica. Chi, più semplicemente, freccia nera. In Portogallo era diventato Gervinho, un soprannome che si porta ancora adesso a Parma. Un nome quasi da incubo per la Juventus che sta attraversando il momento più negativo della sua stagione. Sei gol subiti in due giornate: i primi tre sono costati la Coppa Italia; i secondi invece due punti di vantaggio sul Napoli, ora a -9.
La distanza di certo ancora non preoccupa, anzi. Ma pensare che fino al 94’ ci si apprestava a commentare una nuova vittoria bianconera. Quella del rilancio (faticoso, ma neanche troppo: basti pensare ai due pali di Khedira) dopo l’uscita contro l’Atalanta. Non fosse stato per quel ragazzone tutto sprint che era tornato in Italia dopo un anno e mezzo in Cina e, a 31 anni, aveva subito dimostrato di non essere un classico “cavallo di ritorno”. No, su di lui il Parma e D’Aversa avevano puntato forte. E a ragione.
Pronti, via, e proprio contro la Juve era arrivato il suo primo gol con gli emiliani. Gioia inutile, allora: finì 1-2 ma aveva creato un gran spavento ai bianconeri in quel momento in vantaggio per 1-0. Nel gelo dell’ “Allianz Stadium”, invece, la sua doppietta (la terza in Serie A) ha raffreddato ancora di più il clima.
Ci ha provato per tutta la partita Gervinho, tra i migliori dei suoi. Un gol di tacco, con deviazione fortuita di Rugani, aveva tenuto a galla la squadra portandola sul 3-2. Poi, il colpo del pareggio. Da ko (morale, non ai punti) per la Juventus. È la sua quarta volta a segno contro i bianconeri (c’è anche una rete in Coppa Italia con la Roma), ed è la sua ottava rete stagionale. Proprio a Roma, nel suo primo anno (2013/2014) si era fermato a nove.
La scommessa del Parma è vinta e D’Aversa si gode a Torino un pareggio inaspettato che finora in campionato era riuscito solo al Genoa, con un solo gol. Loro ne hanno fatti tre. Merito di quella freccia nera che ha fatto calare il sipario con qualche fischio del pubblico di casa ma che ha fatto esultare lo spicchio pieno di tifosi ospiti. Erano venuti in massa, tornano a casa felici. Sostenere undici giocatori di fronte a un’impresa impossibile è diventato, in 94 minuti, una gioia stupendamente reale.