“Da Pordenone fino a Mosca, passando per Vercelli…cercando te”, basterebbe cambiare un po’ il testo del celebre brano di Baby K per raccontare la Prove-storia. Un intreccio geografico di quelli seri. Come lui d’altronde, Ivan Provedel, portiere classe ’94 della Pro Vercelli. “Non a caso da bambino mi chiamavano tutti Ivan il Terribile perché ne combinavo di tutti i colori. Prendevo la macchina di papà per andare a correre da solo nelle campagne friulane e mia madre che mi inseguiva…”. Libertà e testa alta, il suo motto. “Anche se devo starci attento, sono 1.92 e il rischio di andare a sbattere contro qualche cartello è sempre dietro l’angolo”.
Parla poco, ma al momento giusto. “Sembro un ragazzo freddo, in realtà devo solo trovarmi a mio agio nei vari contesti per sciogliermi”. Alto, biondo e serioso… “Qualcosa da mia madre che è russa, di Mosca l’avrò pur preso”. Racconta dei suoi viaggi, nei quali ritrova costantemente un ‘pezzettino’ di quella libertà che fin da piccolino orientava le sue giornate… “Ma in Russia vado solo d’estate, eh!”, puntualizzazione importante. L’inclinazione giusta per fare il portiere, insomma. “Essere riflessivi – spiega Provedel ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – è fondamentale per noi. Siamo ‘soli’ tra i pali quindi dobbiamo ben ponderare ogni scelta. Al contrario degli altri ragazzini, io anche nelle partitelle con gli amici volevo sempre stare in porta. Invece mi facevano fare l’attaccante…”.
Ma nel calcio – come nella vita peraltro – se ci metti impegno e determinazione alla fine puoi ottenere quasi ogni cosa. “Oggi voglio essere un millimetro più avanti di ieri e così via. Poi dove arrivo arrivo, l’importante è non avere rimpianti”. Lo dice convinto, deciso, con quell'inconfondibile accento friuliano. Mandi, Ivan. Da Pordenone a Padova, poca strada in fondo. Chissà quante volte l’hai percorsa, anche solo con l’immaginazione… “Davvero tante. Perché Francesco Toldo è di Padova e lui rappresenta tantissimo per me, è il mio modello e fino a poco tempo fa avevo il suo poster in cameretta. Vedendo le sue parate nell’Europeo del 2000 ho capito definitivamente quale sarebbe dovuta essere la mia strada. Poi ci siamo incontrati qualche anno fa in uno stage con le nazionali giovanili e avevo le gambe che tremavano, un’emozione incredibile. Spero solo ci sia occasione di rivederci…”. Affascinato Provedel, dal suo carisma e dalla sua forza. Che cos’è un modello d’altronde? Una proiezione di noi, di quello che vorremmo essere. L’importante è provarci, perché non necessariamente il mero senso d’emulazione preclude l’originalità o la libertà stessa.
Due anni a Udine con Handanovic poi il Chievo, che ne detiene ancora il cartellino. E’ cresciuto Provedel, anche d’altezza… “ma ora basta, dai”. Quest’anno la Pro Vercelli, l’ultimo di una serie di prestiti, “ma il pesce e la focaccia che mangiavo a Pisa tanta roba…”. E sotto la maglia da gioco, un’altra speciale, “sì in ricordo di mio papà che è mancato poco tempo fa. Mi piace pensare che lì, tra i pali siamo sempre in due. Lui da lassù mi aiuta sempre quando sono in difficoltà”. Pensiero stupendo, Ivan. Voce emozionata, affettuosa. Un cuore d’oro: educato e gentile, proprio come gli ha insegnato papà. Che ora lo guarda e lo protegge. Lo accarezza, come solo un padre può fare.
Tipo tranquillo Provedel, nessun hobby particolare… “Anche perché ora a Vercelli fa un gran freddo quindi nel tempo libero mi guardo le serie tv. Ora sto rivedendo Romanzo Criminale”. Personaggio preferito? “Il Freddo, ovviamente. Fino a ieri sera mi piaceva anche Il Dandi, poi ho visto una puntata e…gli amici non si tradiscono mai!”.
Alla Pro Vercelli di amici ne ha trovati tanti, “nella mia piccola carriera non ho mai visto un gruppo così unito”. Anche se nello spogliatoio, per via di un canestro, qualche amicizia sarà senz’altro venuta meno… “Sì, facciamo qualche partitina di basket. Mammarella il più forte, Legati quello che rosica di più. Io spesso mi tiro fuori e mi godo ‘la guerra’…”.
Valori semplici, ma forti. Autentici. L’amicizia, la famiglia e lo spirito sano del divertimento. L’importante – ripete Provedel – è non avere rimpianti, mai. Giusto. D’altronde, suggerisce Einstein… ‘Un uomo è vecchio solo quando i rimpianti in lui superano i sogni’.