I capelli spettinati, il futuro, i social: De Rossi, una storia a 360°
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Data: 19/10/2018 -

I capelli spettinati, il futuro, i social: De Rossi, una storia a 360°

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Dal principio. Inizia così. E finisce con il futuro, magari da allenatore.

In mezzo la carriera, il presente, i capelli spettinati, le maglie che non ha potuto scambiare per i 'no' ricevuti e il rapporto con i social.

Passano gli anni, il pensiero non cambia. Daniele De Rossi a 360 gradi, pochi filtri come al solito e tanta sostanza.

Il capitano della Roma si è raccontato ai microfoni del canale tematico giallorosso: la sua storia, Roma e la Roma.

Partendo dalla prima volta che ha varcato i cancelli di Trigoria: "Avevo 11 anni, ne sono passati 24. Sono cambiate tante cose per fortuna, è molto bella adesso.

Sono entrato da un altro cancello, dove entravano i bambini. Abbiamo preso il materiale d’allenamento, te lo danno e te lo lavi da solo. Mi ricordo la camminata all’indietro, guardavo tutti i campi in erba, le cose della Roma.

Era estate, iniziavamo la preparazione. Ho rifatto le stesse cose per tanti giorni ma quello è stato uno dei giorni che ricorderò per sempre.

Quando ho detto “Farò questo lavoro”? Non subito, è un momento arrivato dopo, almeno per me. Adesso è un po’ cambiato, i ragazzi di 12-13 anni hanno il profilo social con il logo depositato e non so quanti milioni di follower.

Da noi non avevi la percezione che saresti potuto diventare un campione perché eri un bambino, avevi fatto delle cose buone prima, io all’Ostia Mare, ma come arrivi qui ti rendi conto che sono forti tutti come te, la competizione aumenta e non c’era quello sbocco mediatico che ti poteva far pensare “Mamma mia mi sa che sto diventando un calciatore“.


La sua Trigoria - "Io dormo nell’altra ala, sopra di voi. Fate parecchio rumore. Anche qui è cambiato tutto, c’era la cappella, una chiesetta dove chi voleva andava a messa, si celebrava qualche funzione. Credo di esserci entrato una volta in vita mia.

Anche qui è cambiato tantissimo. Abbiamo alternato allenatori che non facevano il ritiro come Spalletti, per gran parte anche Di Francesco l’anno scorso non ha fatto il ritiro. Le camere le vedevi poco e niente.

C’erano allenatori che se giocavi la domenica sera ti portavano in ritiro il sabato mattina, poi giocavi mercoledì e ti portavano in ritiro martedì mattina. Luis Enrique non ha mai fatto un ritiro in vita sua quando è stato qua.

Voglio molto bene a Luis Enrique, è stata un’esperienza piacevole conoscerlo e conoscere un calcio diverso, una mentalità di fare calcio diversa, non dico come divertimento, perché anche lui lo fa come lavoro, ci tiene e quando perde si avvelena, ma l’aspetto ludico rimane sempre in primo piano, l’aspetto che punta al divertimento come mezzo per raggiungere la vittoria, che è lo scopo per tutti quanti.


Gli anni 'divertenti' e le 'storie' su di lui - "Non sono stati tutti divertenti, gli ultimi sono quelli in cui mi sto divertendo di più. Ho una maturità diversa, sono cambiato io, mi approccio in maniera diversa al calcio e ho una scorza un po’ più dura. Certe cose che prima non mi facevano dormire per tre notti di seguito adesso mi tolgono 5 ore di serenità.

Non che non mi dispiaccia, ma so che i momenti molto buoni e quelli molto negativi passano. Ho imparato a vivere meglio questa professione ma soprattutto questa squadra, perché è il legame che c’è con la squadra che ti porta via tanta energia mentale ed emozioni.

Sono la persona sulla quale sono state inventate più storie negli ultimi 15 anni, dentro e fuori dal campo? Forse ne hanno dette talmente tante che diventano leggende metropolitane.

Si sopravvive perché nessuno ti dice niente in faccia o viene a rinfacciarti che tu fai cose che in realtà non fai. Il mio essere in una certa maniera mi ha creato un distacco con una parte della gente che abita questa città, che ha provato a combattermi in questa maniera, ma nello stesso tempo ha creato un amore e un legame forte con una grandissima altra fetta di tifosi romani che mi vogliono bene.

Dico romani perché ci metto in mezzo anche i laziali e quelli di altre squadre, perché in questa città io ci vivo bene.

Le leggende metropolitane mi hanno dato fastidio perché hanno dato fastidio a chi mi stava vicino. Si sopravvive perché alla fine possono inventarsene quante vogliono ma poi vai in campo e di base ho sempre giocato bene e fatto capire che sei importante per questa squadra, che sei un giocatore forte e che hai deciso di dimostrarlo qua quanto ci tieni a questa squadra.

Può essere una cosa messa in dubbio per una due o tre partite ma alla lunga esce sempre fuori.


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Tags: Roma



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