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Contini: “Pergolettese, un po’ favola un po’ rivincita”

Alla prima esperienza da allenatore Contini centra subito la promozione in Serie C sulla panchina della Pergolettese: “Dovevo fare solo due partite, poi..:”

La voce emozionata, il sorriso sulle labbra che è ancora lì nonostante sia passato qualche giorno dalla promozione: “E’ stata una lunga festa”. Pergolettese in Serie C, una favola firmata Matteo Contini: “Abbiamo sempre avuto la consapevolezza di lottare fino alla fine senza fare calcoli“ racconta su gianlucadimarzio.com.

Alla prima stagione da allenatore ha centrato subito l’obiettivo più importante: “Sono subentrato a novembre firmando fino a fine anno, ma mi avevano detto che mi avrebbero fatto fare due partite perché erano ravvicinate. Poi andò bene e mi diedero fiducia”. Intuizione giusta. Esperienza da allenatore? Quasi nulla. Qualche mese con gli Allievi Provinciali e nulla più: “Quell’esperienza mi ha aiutato, non è mai facile confrontarsi con un gruppo”.

Nuova vita la Serie C: “Togliendo la regola dei giovani diventerà un campionato bello e avvincente”. La cosa più importante, però: “E’ la speranza che ci sia trasparenza sulle iscrizioni ai campionato. Quest’anno credo sia servito come lezione”.

Una carriera da difensore nella quale ha girato l’Italia in lungo e in largo, mettendo il punto finale proprio con la maglia della Pergolettese nella stagione scorsa: “In realtà volevo smettere già l’anno prima, poi mi hanno convinto ad andare avanti dandomi anche la possibilità di saltare qualche allenamento per fare il corso Uefa B. Fino ai 30 anni non pensavo di fare l’allenatore, poi ho sperato di a fare questo mestiere”. Già, ma chi si aspettava un inizio di carriera così: “Non credevo a questa chiamata improvvisa. Pensavo di affiancare qualche allenatore, invece…”.


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A Crema ha trovato una seconda famiglia: “A breve ci incontreremo e parleremo del futuro, ma penso non ci siano problemi ad andare avanti insieme”. E se lo dovessero centrare altri club ha trovato la soluzione: “Non rispondo a numeri che non conosco”.

Il momento chiave della promozione è stata una sconfitta: “Quella all’andata col Modena, nella quale ho capito che potevamo lottare per salire. Abbiamo giocato alla pari perdendo solo per episodi sfortunati”. La squadra ci ha sempre creduto senza mai mollare: “Nemmeno a due giornate dalla fine quando abbiamo perso in casa. Negli occhi dei ragazzi vedevo la rabbia e la voglia di conquistare qualcosa d’importante”.

Contini psicologo e motivatore che si è preso anche una bella rivincita: “Ci davano tutti per morti soprattutto nella gara di Sasso Marconi, nella quale nessuno credeva che potevamo vincere dopo il ko di Modena”.

L’umiltà di chi si fa da parte lasciando il palcoscenico ai giocatori: “Al fischio finale ero contentissimo per i ragazzi, si sono meritati questa promozione. Abbiamo vinto davanti a 1700 tifosi”. L’entusiasmo della gente, altro tassello fondamentale: “Ci hanno sempre sostenuto, anche dopo le sconfitte”.


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Ma Matteo vicino a sé ha una tifosa che lo sostiene sempre e comunque: “Mi sono arrivati tantissimi messaggi, il più bello è stato quello di mia moglie che dalla tribuna soffriva insieme a me”. Da salvare e tenere lì per riguardarselo ogni tanto: ‘Ce l’abbiamo fatta – gli ha scritto – siete stati grandi!’.

Una vittoria che non dimenticherà mai: “La paragono alla permanenza in Serie A col Parma dopo lo spareggio vinto contro il Bologna”. Dove si giocava? “A Modena”. A volte ritornano. “Da allenatore si hanno più responsabilità, da dividere con staff e società”.

Nessun modello in panchina, Contini ha preso un qualcosa da ogni allenatore che ha avuto: “Per la fase difensiva sicuramente non mi sono ispirato a Zeman, da lui ho imparato tanto per il lavoro sull’attacco”.

Il debutto in Serie A non si scorda mai. Stagione 2004-05, maglia del Parma: “E’ stato inaspettato, quando Baldini mi ha dato la casacca in allenamento nemmeno di credevo”. Esordio col botto: “A San Siro contro l’Inter di Vieri e Adriano. Diciamo che finché non sono uscito per crampi è andata benissimo”. A Napoli il momento più alto della carriera: “Giocare al San Paolo è un’emozione unica. Lavezzi in allenamento sembrava un giocatore normale, poi in partita si trasformava”. Tra le varie esperienze anche quella in Spagna col Saragozza: “Mi sono innamorato di come vivono il calcio, senza tutto quello stress che c’è in Italia”. Allenare all’estero? “Non lo escludo”. In Spagna ha trovato l’attaccante più forte che ha affrontato: “Sarà scontato, ma dico Messi. Anche se quello che mi ha impressionato di più è stato Diego Costa. Già ai tempi del Valladolid si vedeva che sarebbe esploso”. Come Contini, che con lavoro e dedizione ha scritto la favola Pergolettese.