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Data: 12/02/2022 -

Gta, rimpianti e stimoli. Iago Falque: “Volevo cambiare tutto. Riparto da Cali”

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Le dichiarazioni dell'esterno spagnolo dopo il trasferimento in Colombia
Le dichiarazioni dell'esterno spagnolo dopo il trasferimento in Colombia

Il Gruppo Niche l’aveva ribattezzata ‘La succursale del cielo’ in una delle strofe della canzone Cali Pachanguero del 1984, tra le notti rosse di passione del Pascual Guerrero, lo stadio in cui in quegli anni gloriosi l’America vinceva titoli nazionali e disputava finali di Libertadores. 

 

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"Serve coraggio per uscire dalla propria comfort zone e provare un altro mondo"

Dagli allenamenti a Santiago de Compostela a quelli nella Santiago d’oltreoceano, Cali. Riparte dalla Valle del Cauca la carriera di Iago Falque. “Mi trovo molto bene e sono molto contento: la gente è spettacolare, il clima è molto bello.  Non è la Colombia che si vede nelle serie, forse abbiamo dei preconcetti un po’ sbagliati”. Così l’esterno spagnolo ai microfoni di Gianlucadimarzio.com, dopo aver firmato per un anno con Los Diablos Rojos. “Prima di accettare avevo visto partite, parlato con l’allenatore e con Cristian Zapata, per capire un po’ la città e come mi sarei potuto trovare, poi ho fatto le mie valutazioni e ho deciso di venire qui. Ora stiamo aspettando dei documenti, ma prossimamente mi raggiungerà anche la mia famiglia: senza di loro non sarei mai venuto. Qui, come ovunque. Prima la famiglia, poi il resto”.

Una trattativa nata e chiusa in una decina di giorni, per un trasferimento rimasto topsecret fino al all’annuncio sui social con il video dell’arrivo in versione GTA. “Mi hanno contattato e hanno mostrato molto interesse. Per fortuna non era uscita la notizia da nessuna parte. Cercavo un posto in cui credessero in me e l’ho trovato in una delle squadre più importanti del Sudamerica, con una tifoseria grandissima e con tanta storia. Un’opportunità che arriva nel momento giusto della mia carriera”. Un europeo in Sudamerica, come De Rossi al Boca o Juanfran al Sao Paulo. “Come paragone ci può stare. Sono scelte che non fanno tutti, ci vuole il coraggio a uscire dalla propria zona di comfort e provare un altro mondo. A 32 anni cercavo soprattutto nuovi stimoli, in un calcio diverso. Potrei avere l’opportunità di giocare in stadi come la Bombonera, ne cito uno, in cui non ho mai giocato: è un bello stimolo. In Italia ho fatto un percorso molto bello, ma penso che dopo l’ultimo anno dovessi cambiare. Ed è stato così”.

 

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Per convincerlo, la dirigenza dell’América de Cali gli ha fatto avere un video in cui venivano mostrate le immagini della tifoseria, la più numerosa della Colombia. “Qui si gioca un calcio molto fisico, ma i tifosi sono una roba pazzesca. L’ambiente che c’è qua in Sudamerica è incredibile. C’è tantissima passione. Poi per quello che ho potuto visitare della città posso dire che ci sono posti bellissimi e ristoranti italiani molto buoni”. Tuttavia, in questi primi giorni di allenamento in attesa dell’esordio, Iago ha riscontrato diverse abitudini a cui non era abituato. “Qui è tutto diverso: ci alleniamo alle 6:30 di mattina, alle 7 in campo, mentre in Italia mi allenavo alle 3 del pomeriggio. La giornata è più lunga, ma sono cose a cui ci si abitua. Anche il clima nello spogliatoio è diverso: qui tutti ridono, c’è gente più allegra, rispetto a noi spagnoli o italiani. Sembra che i problemi non ci siano e anche il lavoro lo affronti in maniera differente”.

“In Colombia per fare quello che non ho fatto in Europa”

352 presenze e 97 gol in carriera, ma senza mai riuscire ad alzare un trofeo, a parte i due Tornei di Viareggio con la Juventus Primavera. “Una cosa che non ho mai fatto in carriera è vincere un titolo. Qui, magari, ci può essere questa possibilità e sarebbe molto bello”. Rimasto svincolato dopo la risoluzione del contratto col Torino, Iago aveva avuto dei contatti anche con alcune società italiane, spagnole, messicane e con i paraguaiani del Cerro Porteno.“Essere svincolato non è semplice. Ero convinto di poter trovare squadra subito, invece non è stato così e allenarsi da solo non è facile, soprattutto mentalmente. Alla fine ho deciso di cambiare aria. Cambiare tutto”.

 

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"L'Italia è nel mio cuore. Benevento, mi dispiace"

 

Tuttavia con l’Italia è rimasto un legame forte. Un Paese che lo ha accolto all’età di 18 anni e lo ha salutato a 32, dopo aver vestito 6 maglie e vissuto in 5 città diverse. “Mi sento mezzo italiano, l’Italia mi ha dato tutto e adesso mi manca. Mio figlio è nato lì, gli anni più importanti li ho vissuti lì. Magari ci tornerò in futuro, non si sa mai. Qualche mese fa non avrei mai immaginato di vivere in Colombia, quindi…”.

 

  

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Un addio all’Europa con la macchia della retrocessione col Benevento. “Se mi guardo indietro e faccio la somma di tutto dico che il bilancio è positivo. Il dispiacere rimane per lo scorso anno in cui ho giocato molto poco. Per un calciatore è la cosa peggiore. Se potessi tornare indietro non andrei al Benevento, perché è andata male, ma non per colpa loro. Diciamo che per il Benevento è stato un errore prendermi: in quel momento pensavo di poter fare quello che ho sempre fatto, ovvero i 10-11 gol delle ultime stagioni. Se ci fossi riuscito sarebbe stata la scelta migliore, ma purtroppo ho avuto tanti infortuni. Mi dispiace”.

 

 Sempre in maglia giallorossa, ma con quella della Roma ha realizzato il sogno che aveva da bambino di giocare in Champions League. “L’esordio all’Olimpico contro il Barcellona, che era stato anche il club dove sono cresciuto, è un momento che non si dimentica. Nel corso della sua carriera è rimasto in buoni rapporti con tutti gli allenatori. “Perché mi sono sempre comportato da professionista. Le migliori versioni però si sono viste con Gasperini e Mihajlovic. Nel quotidiano Sinisa è tranquillo, ma se si incazza lo fa veramente…”. 

 

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Le stagioni più belle le ha vissute in granata, nonostante sia finita con la risoluzione del contratto. “Si doveva fare, quando ho rescisso il contratto era giusto farlo perché non aveva senso restare a non far niente. Quelli al Toro sono stati i migliori anni della mia carriera. Avrei voluto finisse in un altro modo, ma a volte si deve accettare. Io amo la squadra, sono tifoso del Torino e lo sarò sempre. I tifosi mi hanno accolto e trattato sempre bene, anche nei momenti difficili ed è quello che rimane”. Lo stesso affetto che spera di ricevere anche dalla tifosera escarlata, magari dopo la vittoria del campionato o della Copa Sudamericana, che sarebbe il primo trofeo internazionale della storia del club.



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