Il semaforo che diventa rosso quando siamo in ritardo, il toast con burro e marmellata che se cade, si rovescia sempre dalla parte sbagliata. A volte è così, anche nel calcio: quando sembra che la sfortuna ti perseguiti. Ma nella maggior parte dei casi si tratta solo di un passaggio.
E può capitare anche se di cognome fai Maldini e se il figlio di quel Paolo che con il Milan ha vinto tutto. “Quest’anno è iniziato male: ero alla Reggiana, in Lega Pro, ho fatto il ritiro con loro, con un anno di contratto e un opzione per il secondo, ma durante il ritiro ho avuto le prime incomprensioni con l’allenatore e dopo l’ennesimo litigio ho deciso di andare via in prestito”. Ultimo giorno di mercato e Christian, 20 anni e figlio d’arte ha deciso di fare le valige. Destinazione? “Malta, perché l’idea di provare un’esperienza all’estero non mi dispiaceva, e poi si trattava sempre d serie A. io ho accettato.” Ma all’Hamrun Spartans la storia sembra ripetersi e anche li ancora problemi. “Non era il calcio che volevo, così a gennaio ho deciso di andare via. Era un campionato molto diverso da quello italiano e così sono tornato”. Altro giro, altra corsa. “Ho accettato subito l’offerta della Pro Sesto perché è una buona società e per di più è anche vicino casa”.
Christian infatti è nato e cresciuto a Milano, praticamente a pane e Milan, merito di quel papà capitano e leader dei rossoneri negli anni d’oro. Il settore giovanile l’ha fatto lì, ma dopo aver tagliato il cordone ombelicale con il passato, di quell’esperienza si porta dietro solo il numero 13. “Ho sempre avuto questo numero perché spesso con il Milan entravo dalla panchina, mi piace e l’ho tenuto”.
In questo periodo vicino a Christian c’è stato anche il papà Paolo. “Mi ha aiutato a decidere solo per il mio bene, mi ha aiutato a non mollare, mi ha dato molti consigli, soprattutto da agosto fino a quando sono arrivato a Sesto, dove ammetto di essermi trovato molto bene”.
Allegro, simpatico e sorridente, Christian incarna tutti i valori dei suoi vent'anni e della sua generazione contano di spiccato utilizzo dei social. Quest’anno ha fatto il tifo per il Verona, merito anche dei tanti amici che giocavano lì. “Soprattutto Simone Andrea Ganz che conosco da quando eravamo entrambi bambini. Nel tempo ci eravamo un po’ persi, ora invece l’ho ritrovato”.
Ancora attraverso i social ha condiviso la sua felicità ritrovata a Sesto. “Ho trovato un bel posto dove potermi allenare e fare bene, mi hanno buttato subito dentro e ho capito che la serie D è un campionato tosto. Non lo nascondo perché ci sono giocatori di esperienza molto forti, ma piano piano ho imparato molto”.
In casa Maldini, ovviamente, si parla sempre di calcio, “ma sono poche le foto ricordo legate ad avvenimenti calcistici”, aggiunge con un sorriso. E a proposito di un possibile futuro a Miami dove papà è il presidente, risponde con un secco no. “Sinceramente vorrei provare prima in Italia, e poi si vedrà, ma non credo di andare là. Mi piacerebbe diventare una bandiera come mio padre, magari nel Milan. Però in questo momento penso giocare e a fare il mio tanto più che negli ultimi anni ho giocato poco e ho dovuto subire due interventi pesanti per la rottura del legamento”.
Poche foto, ma tanti ricordi di quel Milan vincente con papà a sollevare coppe. E allora si apre un toto allenatore per il futuro. “Se dovessi scegliere un allenatore con il quale mi piacerebbe crescere direi Ancelotti, perché lo conosco benissimo, è simpatico. Tutti si trovano bene con lui, perché vince, e perché se ha vinto così tanto ha qualcosa da offrire sicuramente”. Ma non solo. “Mi piacerebbe essere allenato anche da Shevchenko”.
Ma ora è tempo di mettere da parte i sogni per il futuro e pensare al presente: “innanzitutto vorrei trovare una squadra, andare in ritiro e stare bene e magari giocare di più.” Basta semafori rossi e toast che si rovesciano dal lato sbagliato del tavolo, per Christian Maldini è tempo di salutare la sfortuna.
Virginia Robatto