Quarantanove anni di Bayern, quasi mezzo secolo con gli stessi colori sulle spalle. Il 15 novembre terminerà l'avventura in Baviera di Hoeness, non si ricandiderà alla carica di presidente: "Non rimpiango niente, devo tutto a questo club. Mi ha dato un lavoro, mi ha fatto sentire il tifoso numero uno. Provo solo grande gratitudine". Lo ha detto lui stesso a 51, la rivista ufficiale dei campioni di Germania. Tanti i trofei vinti, anche qualche critica però: "Sorrido, perché per questa squadra mi sono fatto il c...". Chiarissimo, senza peli sulla lingua. Come sempre.
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Hoeness ne ha vissute di cose. Anche un evasione fiscale, che lo ha costretto a due anni di prigione: "E' stato il mio errore più grande - ha ammesso - ne sono profondamente pentito, chi mi ha criticato lo ha fatto a ragione. Ricordo le storie delle persone che ho visto in carcere. Una volta un mio compagno di cella è rimasto lì nonostante avesse scontato la pena. Non sapeva dove andare, non aveva nessuno".
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La prigione dopo una vita da celebrità. Dopo, soprattutto, una Champions vinta nel 2013: "La sera prima di essere arrestato, lo sapevo benissimo. Ribery piangeva, i tifosi cantavano il mio nome. E' una cosa che mi ha davvero commosso. E alcune delle lettere che ho ricevuto in carcere erano così commoventi che ho pianto come un bambino nella mia cella".