Haarlem, piazza del mercato centrale di Grote Mark. A due passi dai canali e dalla chiesa Grande. Qui è partito il viaggio di Mino Raiola nel mondo del calcio. Era il 1989. La sua famiglia gestiva la pizzeria “Napoli” in piazza e lui lavorava come cameriere e maitre. In sostanza parlava con i clienti, creava legami e relazioni personali. Quello che poi ha continuato a fare negli anni.
“Mino era uno che ti accoglieva alla porta quando entravi e ti accompagnava fino al tavolo”. Parola di chi frequentava il ristorante al tempo e visti i risultati c’è da fidarsi.
Domanda. Come arriva un cameriere di una pizzeria italiana in Olanda a diventare il più grande procuratore del mondo? La risposta la si trova all’interno dell’ HFC Haarlem, squadra all’epoca in Eredivisie e oggi in nona divisione dopo diversi fallimenti. Altri tempi. La squadra della città sarà però il tramite tra Mino e il mondo del calcio, la prima a dargli un’occasione come direttore sportivo.
Raiola li si occupa di tutto. Dagli sponsor alla gestione della sala vip dello stadio a quella degli spostamenti della squadra. Con lui lavora Barry Hughes, che ad Haarlem il segno lo aveva già lasciato anni prima. Ma ci torneremo. Mino in più ha una capacità innata di comunicare con i giocatori. Si fidano di lui e sono contagiati dal suo entusiasmo.
Saper cogliere un’occasione al volo e usarla per cambiare vita. In Olanda direbbero Voorbestemd. Predestinato. Anche se a lui, in qualunque lingua glielo si dica, il messaggio arriva in ogni caso forte e chiaro. Ne parla sette. Italiano (la sua famiglia viene da Angri, in provincia di Salerno), francese, tedesco, inglese, spagnolo, portoghese e ovviamente olandese. Diventa quindi fondamentale e inizia ad occuparsi delle traduzioni al fianco del procuratore Rob Jansen. Il primo fu Arthur Numan, dall’Haarem al Twente, poi gestirà il trasferimento di Bryan Roy al Foggia e sarà l’interprete nelle traduzioni che porteranno ai trasferimenti di Jonk e Bergkamp dall’Ajax all’Inter. Su queste ultime due trattative c’è una curiosità: una volta chiuso l’affare Mino festeggiò la chiusura dei trasferimenti al suo nuovo ristorante, il Cafè Doria. La piazza è sempre la stessa.
L’Haarlem non è stata però la prima volta solo di Raiola. C’è infatti un altro ragazzo, che poi ha fatto le fortune del Milan di Capello, che è partito da qui. Un certo Ruud Gullit, che nel 1979 esordì in Eredivisie proprio ad Haarlem. L’allenatore? Lo stesso Barry Hughes di cui sopra. Un gallese e un olandese che si intendono a meraviglia, uno in panchina, l’altro in campo. Quell’olandese tutto giocate e fantasia che ha fatto impazzire per tre anni la città, prima di passare al Feyenoord. Diciassette anni e non sentirli. Ruud è già devastante e lascia tutti a bocca aperta. Il resto è storia nota.
Haarlem è stata quindi per anni un’isola felice per chi voleva emergere e crescere. Opportunità e una giusta filosofia, tra canali meravigliosi e mulini a vento. Peccato per la squadra di calcio, che meritava una sorte migliore. Rimpianto. Intanto Ruud e Mino ringraziano. Entrambi sono rimasti legati. Il primo condivide di tanto in tanto post sui social in cui si trova in città, il secondo è ancora proprietario delle mura di quei tanti locali in piazza da cui tutto è partito. Mai dimenticarsi da dove si arriva. Ce lo insegnano le loro storie.