La carriera tra i professionisti del 2005 più forte del mondo è iniziata per caso. “Quel giorno eravamo lì per vedere Emre Uzun, anche lui del 2005 come Arda [Güler, ndr]. Giocava contro di lui con l’Osmanlispor in un torneo U14, lo guardavamo da quando aveva 11 anni”. Tre anni di lavoro che passano in secondo piano per un ragazzino di 160 cm per 46 chili. “Arda Güler non giocava a calcio, ballava con la palla: aveva e ha la grazia di un ballerino”. Quello stesso ragazzino, allora al Genclerbirligi, che aveva colpito il capo scouting dell’area giovanile del Fenerbahce Serhat Pekmezci andrà a insegnare danza calcistica al Real Madrid.
Fame di talento
Ma andiamo per gradi. Se Pekmezci quel giorno lo ha scoperto per caso, tutto quello che viene dopo ha una chiara linea chiave: la fame di talento. Il Fenerbahce storicamente non è mai stata una squadra attenta alla valorizzazione dei proprio giovani. Serhat era stato preso per invertire questa tendenza e tra le mani aveva il passe-partout per farlo. “La prima cosa che mi ha colpito di Arda è che guarda sempre un sacco di volte gli altri prima di ricevere palla”, ha raccontato ai nostri microfoni Pekmezci. “Quel giorno al 65esimo si era fatto male alla caviglia sinistra ma ha voluto comunque continuare a giocare. L’ho seguito fuori dal campo dopo la partita, se ne è andato nella macchina con il padre ancora più sofferente di prima. Lì ho capito che sarebbe diventato una star”.
E non lo dice tanto per dire. Era rimasto talmente folgorato che quella sera rimane ad Ankara per conoscere la famiglia e sentire le loro opinioni. “Non potevamo fare un’offerta ufficiale senza sentire loro. Era stato un incontro positivo ma erano ancora esitanti. La famiglia però si è fidata di me e insieme ad Arda abbiamo preparato un report”. Sarebbe troppo semplice arrivare al lieto fine senza sudare un po’. “Il presidente Ali Koc però non mi aveva preso sul serio. Non ho mollato e ho preparato un dvd con tutte le sue migliori giocate (clicca QUI per vedere il video). A rischio di perdere il lavoro, l’ho dato al suo autista pregandolo di farglielo vedere”.
Güler, tutto per un video
Ali Koç non è un uomo a caso: ancora oggi presidente del Fenerbahce, fa parte della terza generazione della famiglia più ricca della Turchia. “Mi ha chiamato dopo averlo visto”: il preambolo serviva a far capire cosa significasse ricevere una chiamata da lui. “Mi ha chiesto subito quanto valesse. Dopo le varie negoziazioni abbiamo chiuso per 10mila euro. Abbiamo dato anche una casa ad Arda e alla sua famiglia a Istanbul. Lo abbiamo mandato a una scuola privata per imparare l’inglese e abbiamo trovato un lavoro alla sorella e al padre”.
Sono passati poco più di quattro anni da quando quel ragazzino dolorante se ne andava dal campo con il padre. Ce ne erano voluti molto meno per farlo diventare già il “nuovo Messi”. “Sono molto diversi. Guler direi che è più un mix tra Guti e Modric. È molto sicuro di sè, ha una grande ambizione e ha la capacità di sbloccare le partite. Il Real? È il posto giusto al momento giusto per lui. Me lo sento, un giorno ne sarà il capitano e il grande orgoglio della Turchia”.
Sulle spalle ha un peso enorme ed è diventato maggiorenne solo da qualche mese. A questo punto serve semplicità. “Gli auguro solamente di essere felice e di imparare qualcosa ogni giorno”. E qualche sogno: “Nessun turco è mai riuscito a vincere la Champions League, credo che lui sarà il primo e il giorno che succederà spero di essere allo stadio per vederlo”. Dal torneo U-14 ad Ankara a una finale di Champions: quando Serhat chiude la telefonata ha un po’ la voce rotta dall’emozione perché è convinto che possa succedere veramente.