Se nasci il sei gennaio in Spagna beh, hai qualcosa di magico fin da subito. E’ il giorno dei Re Magi, un po’ come venire al mondo a Natale in Italia. Se poi finisci a scambiarti il pallone con Messi e Iniesta, allora non c’è da stupirti se, in una pazza notte di dicembre a San Siro, rischi di eliminare l’Inter dalla Coppa Italia con il Pordenone, una squadra di Serie C. Miguel Maza, uno degli eroi dell’altra sera, ha solo 24 anni ma di cose da ricordare ne ha già tante. Della quasi impresa di Milano, probabilmente, lo racconterà con orgoglio al figlio: “Che adesso non ha nemmeno un anno, quindi è ancora troppo presto”. Commenta in esclusiva ai nostri microfoni. E lo fa con il sorriso, a due giorni dalla sfida contro l’Inter: “Anche se lì per lì la delusione è stata fortissima. Mancava così poco… - commenta con un pizzico di amarezza - se avessimo perso 3 a 0, lo avremmo digerito molto meglio. Così fa male e dispiace”. La notte non riesci a prendere sonno, la mattina ti svegli e con la testa ritorni lì: “Anche perché in partita non potevi realizzare – continua Miguel – Se ci fossimo fermati a riflettere, ci avrebbero fatto gol in due minuti. La svolta c’è stata nell’intervallo. Siamo rientrati negli spogliatoi consapevoli della nostra forza , perché non ci eravamo difesi e basta. Se avessimo segnato, per loro si sarebbe messa male…”. Nessuno avrebbe scommesso sul Pordenone che, però, a San Siro non ci è arrivato per caso: “A Cagliari abbiamo vinto, giocando a viso aperto e meritando il risultato. Prima della partita il Capitano ci ha ricordato come, fin lì, nessuno ci avesse regalato nulla. Ci sono partite in cui devi dare più di tutto quello che hai e con l’Inter era una di quelle”. Il Pordenone, per qualche minuto, ha cullato l’idea di poterci tornare a San Siro, questa volta per sfidare il Milan: “Bastavano due errori in più da parte loro, è stata solo una questione di centimetri. Nello spogliatoio piangevamo, perché sognavamo i quarti e il nostro popolo in festa. Poi il presidente e l’allenatore ci hanno ribadito quanto fossero orgogliosi di noi. Abbiamo fatto qualcosa di grande”. E prima della partita, prima che la magia invadesse San Siro, nello spogliatoio degli ospiti ci è andato Icardi a fare gli onori di casa. Lui che è un amico di Miguel, con cui a fine partita si è scambiato anche la maglia: “L’ho chiesta a lui perché è uno degli attaccanti più forti del mondo. Poi ci conosciamo da tempo: da piccoli ci siamo incrociati spesso, io con la maglia del Racing Santander, lui con quella del Barcellona. Avevamo anche lo stesso procuratore. Lui dopo è venuto in Italia, io invece sono stato chiamato proprio dai blaugrana. Quando ho visto entrare in campo lui, Perisic e Brozovic ho pensato: menomale possono fare solo tre cambi. Fossero stati cinque come in Serie C sarebbero stati cavoli amari (Ride n.d.r)”. Già, Barcellona. Non male giocare lì quando hai sempre tifato per i balugrana e quando la tua ispirazione si chiamava Ronaldinho: “Giocavo nel Racing Santander, la squadra della mia città. Poi il Barca mi ha visto, ha mandato sette, otto osservatori e alla fine mi hanno preso”. Dicono che lo stesso Guardiola fosse pazzo di lui: “Ero arrivato da una settimana e sono stato chiamato subito in prima squadra. Ci ho parlato più di una volta e mi sono reso conto di quanto fosse grande”. Le partitelle con Messi e Iniesta, gli allenamenti insieme ai vari Deulofeu, Luis Alberto, Sergi Roberto, Rafinha e altri ancora. Un sogno, quello di imitare la carriera di quelli che, solo qualche anno fa, giocavano insieme a lui: “Eravamo fortissimi, venivamo chiamati spesso fra i grandi. Non ho mai avuto dubbi sulle potenzialità dei miei compagni. Spero, un giorno, di poterli raggiungerli. Alla fine sono ancora in tempo…” . E in Italia Miguel ormai si sente a casa. Sì, perché qui è arrivato più di quattro anni fa, destinazione Reggina: “Già era tutto nuovo per me, poi la situazione che ho trovato era davvero complicata. All’improvviso tutto è diventato più difficile”. I calabresi arrivano ventunesimi in Serie B, retrocedono in Lega pro e si preparano a vivere anni di caos, soprattutto dal punto di vista economico. Lui rescinde e si sposta di qualche chilometro, a Foggia. Qui tre anni magnifici, in cui cresce sotto la guida di De Zerbi. Gioca e segna, proprio come a Fondi nella gara decisiva. Il Foggia ritorna in Serie B dopo 19 anni ma Stroppa decide di non confermarlo: “Ci sono rimasto male, anche perché il Mister parlava spesso bene di me e quindi non me l’aspettavo”. Giusto il tempo di firmare il rinnovo con i pugliesi che Miguel riparte per una nuova avventura. Questa volta in Friuli, nel profondo nord. A consigliarlo al Pordenone è Giuseppe Colucci, suo ex compagno al tempo della Reggina: “Qui è tutto diverso rispetto a Foggia – ammette ridendo Miguel – al sud mi sono innamorato di tante cose, soprattutto della cucina. Ogni partita era una guerra, soprattutto dagli spalti. Qui, probabilmente, c’è un po’ più di rigore e professionalità”. Adesso il duro compito di dimenticare San Siro e rituffarsi immediatamente sul campionato, dove il Pordenone lotta per la promozione, nonostante qualche sconfitta di troppo nell’ultimo periodo. Alla finestra la trasferta sul campo del Renate, terzo in classifica: “Certo, non sarà facile… basterà alzare lo sguardo verso le tribune per rendersi conto che non siamo a San Siro. Noi, però, adesso bisogna solo pensare alla Serie C, come ci ha ricordato l’allenatore. Anche perché non possiamo permetterci di perdere altri punti”. Già, perché le grandi magie spesso nascono dalle piccole cose. Barcellona e San Siro, Migue ha assaggiato il grande calcio. Dimenticarne il sapore, adesso, diventa difficile
Data: 14/12/2017 -