Oggi a Roma è morto nonno, papà, zio. Una persona di famiglia, anche per chi non lo ha mai conosciuto. Se n’è andato quello che ti ruba il naso e se lo nasconde tra le mani, che ti insegna a vivere in un certo modo, ad apprezzare le cose belle e garbate, che trova ogni occasione conviviale per diventare mattatore, tra una battuta e una barzelletta, uno stornello con la chitarra e un aneddoto sulla sua vita.
Gigi Proietti è stato un gigante che mancherà a tutti, maestro artistico per tanti comici, attori, interpreti, registi. Ma soprattutto volto e voce familiare per l’Italia intera. Il cordoglio sui social è tanto unanime quanto disgregato nel ricordo di un momento, di una pièce, di un’interpretazione, di uno sketch. Ha attraversato cinquant’anni di Italia, portando ovunque il suo infinito talento. Voce e mimica, volto e penna, creatività e insegnamento. Gigi Proietti per il mondo artistico è stato tanto. Per molti, tutto.
Genio della Lampada e pugile italoamericano di Filadelfia. “Cavallaro” incallito e Maresciallo dei Carabinieri. Presentatore, speaker radiofonico e cantante. Ma soprattutto animale da palcoscenico. Attore, regista, comico, cabarettista, scenografo, direttore artistico e maestro. Il teatro come casa e noi ospiti nel suo salotto. Per cinquant’anni insieme a lui, da oggi, per sempre nel suo ricordo.
Ma soprattutto a Roma, in un rapporto simbiotico con la città e la sua gente, al pari forse dell'indimenticato Alberto Sordi, ha lasciato un segno indelebile che certamente non subirà l’opacità del tempo. Lasciti come le sue opere, o più tangibili come un teatro shakespeariano costruito dentro Villa Borghese e un Laboratorio di Esercitazioni Sceniche fucina di talenti della comicità. Gigi Proietti per Roma è stato anche vocabolario, perché Mandrakata ha una sua forma e sostanza e un semplice numero, il diciotto, se ripetuto… è meglio non chiedere. Perché tutti sanno cosa non bisogna fare al Cavaliere Nero, ma allo stesso modo sanno cosa dire davanti al proprio avvocato che ci elenca punti di forza e debolezza di una causa civile. E ci perdoni Dumas, ma D’Artagnan non è più solo un moschettiere.
Roma città, ma anche Roma squadra. Un amore per i colori giallorossi vissuto come tutta la sua vita. Garbato ma esilarante, sempre con il sorriso sulle labbra anche nei momenti bui. Ma mai messo in discussione. Televisore sempre acceso dietro le quinte di uno spettacolo, orari spesso scadenzati in base al calendario giallorosso, perché la risposta era sempre la stessa: “Sì, ma c’è la Roma”. E quando possibile amava andare all’Olimpico seduto sul suo seggiolino in Tribuna. E riprendendo una sua famosa barzelletta, Gigi perdonaci, ma questa volta niente Roma. L’ultimo saluto veniamo a dartelo di persona.