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Data: 18/11/2018 -

Che fine ha fatto? Moda, panchina e Dostoevskij. Nel nuovo mondo di Falsini

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Un passato da calciatore di successo, un presente e un futuro in panchina, la passione per la moda, la crisi dei settori giovanili italiani. Poi ancora Sacchi, Ronaldo il Fenomeno e gli anni di Reggio Calabria: viaggio nel nuovo mondo di Falsini
Un passato da calciatore di successo, un presente e un futuro in panchina, la passione per la moda, la crisi dei settori giovanili italiani. Poi ancora Sacchi, Ronaldo il Fenomeno e gli anni di Reggio Calabria: viaggio nel nuovo mondo di Falsini
“Sono affascinato dall’arte futurista, avanguardista. La moda non è altro che arte. Dopo un decennio a mio avviso davvero buio, adesso noto con piacere che l’alta moda ha ripreso la grande tradizione italiana che si era quasi interrotta dopo gli anni ‘90. Oggi, a differenza di un tempo, sono molto più affascinato dai grandi artigiani del settore. Mi piace vedere l’arte in ogni capo d’abbigliamento, nonostante quel processo di globalizzazione che ormai ha reso anche questo settore come una semplice catena di montaggio”.

Nei suoi anni a Reggio Calabria, Gianluca Falsini veniva chiamato ‘Il Conte’: “Proprio per la mia passione per la moda, che all’epoca però era molto più esasperata anche perché ai tempi ero fidanzato con una stilista”. La leggera cadenza toscana lascia spazio a una fragorosa risata. Ma poi il discorso torna subito serio: “La bellezza salverà il mondo”, aveva ragione Dostoevskij!”. Un concetto che per Falsini è una vera e propria religione. Che si tratti di un capo d’alta moda, un buon libro, un dipinto o un campo di pallone.

L’AVVENTURA IN PANCHINA

Dove ancora adesso Falsini – esterno sinistro oggi 43enne con un passato tra altre tra Parma, Hellas Verona e Reggina – insegue la sua perfezione, nonostante la carriera da calciatore sia ormai un ricordo. “Ho smesso nel 2010 e con orgoglio ti dico che nelle ultime due stagioni ho vinto due campionati: uno di C1 con il Padova, l’altro di Eccellenza con il Legnago”, racconta a GianlucaDiMarzio.com lo stesso Falsini. Che oggi di mestiere fa l’allenatore: “Sette anni di settore giovanile, anche se avevo iniziato da Direttore tecnico all’Hellas Verona. La mia idea subito dopo aver smesso era quella di fare il dirigente, tanto che ho superato il corso di Direttore sportivo. Poi mi è stata proposto di allenare i giovani e da lì è nata la mia nuova vita in panchina”.

Hellas Verona, Siena, Empoli, l’ultima avventura alla guida dell’U16 della Roma. Un mondo completamente nuovo rispetto alla vita da calciatore. “Perché da allenatore la prima domanda che ti fai è ‘come posso migliorare questi ragazzi’? La risposta per me è sempre una: la cosa fondamentale è creare empatia, provare a ‘entrare nel cervello’ di ogni calciatore. Nel calcio questo per me è un aspetto fondamentale, una caratteristica che ogni allenatore deve avere. Se prima avevo dubbi sulla strada da intraprendere, adesso ti dico con certezza che voglio fare l’allenatore rispetto al dirigente. E sarà così finché sentirò dentro quel gran desiderio di trasmettere tutte le mie competenze”, racconta Falsini.

“SETTORI GIOVANILI ITALIANI: COSA NON FUNZIONA”

Nonostante le difficoltà del calcio italiano: “Io spero che prima o poi qualcuno intervenga realmente nei settori giovanili, perché siamo indietro anni luce rispetto al resto dell’Europa. Ci sono davvero troppe zone d’ombra, troppe carenze. Da noi – prosegue Falsini – si è allenatore degli Under 15-16-17 quasi per hobby, è diventato un lavoro per chi se lo può permettere, per chi magari in passato è stato calciatore e adesso cerca un modo per trascorrere al meglio la giornata. Non si può parlare di lavoro visto che gli stipendi rispetto all’estero sono irrisori, non esiste confronto con i tecnici delle squadre olandesi, spagnole, inglesi. Non c’è formazione. Salvo qualche eccezione, in Italia nessuno investe davvero nei settori giovanili. Io vorrei capire come agli allenatori dei settori giovanili vengano proposti contratti di un anno, quando la continuità in questo settore è un aspetto fondamentale”.

L’altro è un vero e proprio cavallo di battaglia di Falsini: “Ma come si fa a giudicare il lavoro svolto da un allenatore del settore giovanile in base ai risultati di campo ottenuti dalla squadra? Quello che realmente conta è riuscire a trasmettere competenze a un ragazzo per avvicinarlo il più possibile alla Prima squadra. Io, credimi, proprio non riesco a spiegarmelo questo”, racconta.


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