Gli intoppi burocratici non ne hanno intaccato il morale: «È solo uno stimolo ulteriore, presto verranno mondiali e olimpiadi. Mi impegnerò a fondo per esserci». Scrive su Facebook, ringrazia continuamente, si scusa per qualche giorno di ritardo: «Avevo una semifinale e volevo aspettare il mio interprete per essere sicuro delle risposte».
Il computer per interagire, abbattere barriere e distanze: l’unico modo per raccontarci la sua storia. «Vengo da una famiglia di sordi segnanti. Mio padre, mio zio e mia sorella hanno tutti lo stesso problema». Tra loro comunicano con il “Lis”, il linguaggio dei gesti. «In campo con i normodotati, invece, nessuna difficoltà, perché l’azione si legge facilmente. Il pallone, d’altronde, è universale». Occorre, però, distinguere: «Nei campionati riservati a noi o in nazionale, gli arbitri sono preparati: conoscono il linguaggio o hanno delle bandierine speciali, una rossa e una gialla».
L’infanzia all’istituto Cristo Re scivola felice, scandita da studio e sogni da inseguire: «La mattina frequentavo le lezioni, poi il pranzo con gli altri ragazzi, mentre nel pomeriggio ci toccavano compiti e logopedia. Cercavamo di finire il prima possibile per scappare in cortile e giocare a calcio. La sera mi accompagnavano a casa e il giorno dopo si ripartiva da capo».
Il diploma di terza media, l’iscrizione alle superiori: la scuola che svolge la sua funzione e diventa strumento fondamentale d’integrazione. Bellissimo, non scontato. «Ho scelto l’indirizzo tecnico-industriale, ho trovato un ambiente eccezionale: compagni e insegnati mi hanno reso immediatamente parte del gruppo. Un pensiero particolare, però, devo mandarlo alla mia docente di sostegno, davvero speciale». Quando la campanella suona, Franscesco posa lo zaino, indossa pantaloncini e calzettoni: «Ho mosso i primi passi nel futsal, alla Siac. Lì ho imparato i movimenti e ottenuto buoni risultati».
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