Nessuno conosce il domani, il futuro, ciò che sarà. Possiamo far progetti, avere – legittimamente – ambizioni, sognare, pensare, sperare. Ma, in ogni caso, il domani rappresenta sempre un salto nel buio. In maniera totalizzante? Forse no. E non centra l’esser fatalisti. O meglio, possiamo anche non esserlo: d’altronde per quante variabili possano condizionare la nostra vita, siamo comunque e in via esclusiva noi (e soltanto noi) i capitani della nostra anima, i padroni del nostro destino, gli arbitri di ciò che il futuro ci potrà riservare. E’ innegabile, però, che un qualcosa – che convenzionalmente possiamo chiamare destino – esista e che esso segni in qualche modo, partendo da lontano, il nostro domani. Vuoi per ambizione, vuoi per speranza, vuoi per un colpo di fortuna. Ma un qualcosa esiste, a prescindere dalla denominazione che scegliamo di attribuirgli e che muta di contesto in contesto, di epoca in epoca. E’ conveniente scriverlo perché fa comodo, è più semplice e allietante – direi rasserenante – pensare all’esistenza di un qualcosa di sovrannaturale che in un modo o nell’altro indirizza le nostre vite? Sì, forse è così.
Nella storia di Davide Vaira, coordinatore dell’area sportiva della Robur Siena, seppur in minima parte c’è un innegabile segno del destino. Minima, sì. Il resto è perseveranza e lavoro duro. Fame e ambizione. Quel sogno, che fin da adolescente, lo teneva incollato ore e ore al celebre Football Manager a sviscerare perfino osservatori e staff medico da inserire nella squadra virtuale…che sentiva come sua! C’è impegno, determinazione. C’è serietà, ci sono (poche) parole e (tanti) fatti. Ci sono gli errori perché noi – in quanto esseri umani – sbagliamo. Ma c’è soprattutto la volontà di andar oltre, di migliorare costantemente.
Persona tranquilla, ordinata, maniacale nel lavoro e nella cura del dettaglio. Conosciamolo meglio, dunque… “Partiamo da relativamente lontano, dai. Nel 2013, quasi al termine della mia modesta carriera da calciatore, sono andato a giocare a Rapallo Bogliasco dove ho conosciuto Anna Durio e Federico Trani (attuali presidente e vicepresidente del Siena). Questo – racconta Vaira ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - diciamo che è il primo step, quello più importante forse. L’altro due anni dopo. Una di quelle cose alle quali davvero non riesci e non riuscirai mai a darti una spiegazione. Era fine luglio, stavamo per riprendere la preparazione al Lentigione quando improvvisamente comincio ad accusare dolori sparsi: alle gambe, ai polsi, giorni che non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto. Visite su visite, sempre in giro per ospedali…eppure niente, nessuno riusciva a capire cosa avessi! All’ennesima visita mi precipita il mondo addosso, mi trovano una macchia ad un polmone. Sai quelle cose che veramente cominciano a farti vedere tutto nero il mondo attorno a te? Una figlia piccola, una famiglia, sono stati lì per lì momenti difficili. Non rimaneva altra strada che operarmi, dovevo soltanto fissare il giorno e andare all’ospedale di Pisa. Prima, però, vado a fare l’ennesima visita da un cardiochirurgo, che dovrò ringraziare per tutta la vita, il quale è un cugino di mio papà. Mi guarda e mi dice, ‘Davide blocca tutto, non operarti assolutamente’. Io mi fido di lui, non mi opero più. Passa qualche settimana e quei dolori spariscono, senza nemmeno prendere un aulin. Sono passati diversi anni ormai, ogni tanto ci ripenso e non riesco a spiegarmelo. Il destino o qualcos'altro non lo so, una di quelle cose che accadono e basta e tu ti chiederai ‘perché?’ all’infinito”.
Non perde il sorriso Davide, da buon ottimista qual è. Una virtù importante, forte. Perché le difficoltà fanno parte della nostra vita: non le possiamo prevedere spesso, non le possiamo sopprimere. Possiamo soltanto reagire, nel modo giusto: provando a sorridere, mantenendo calma e razionalità, guardando verso nuovi obiettivi. Ecco questo, forse, significa esser uomini veri… “Per quanto fossi guarito, la mia carriera da giocatore era ormai definitivamente andata. Essendo il calcio – insieme alla mia famiglia ovviamente – tutta la mia vita comincio a girare, ad andar veder partite. Nel frattempo il Rapallo di Anna e Federico aveva chiamato un mio amico, Michele Coppola come allenatore. E vuoi il destino, una domenica gioca contro il Sestri Levante, squadra che io conoscevo benissimo essendo di vicino casa mia. Michele mi chiama e mi chiede se posso fargli una relazione per la partita di domenica. Gli faccio la relazione, la domenica vado allo stadio, ritrovo Anna e Federico. Di lì a poco cominciamo a lavorare insieme, il resto è storia recente…”.
Prima, però, un altro, ulteriore salto indietro. A cercar un’altra, ulteriore traccia di quel destino, di quel binomio Vaira-calcio che prima o poi si sarebbe in un modo o nell’altro concretizzato… “Il ricordo dei miei pomeriggi adolescenziali è Football Manager, ad ogni ora del giorno. Anche quando giocavo: quattro ore di allenamento e il resto carriere su carriere. Ci mettevo di più ad iniziare che a giocare una partita. Mi sceglievo tutto l’organigramma, dallo staff tecnico a quello medico. Mi impersonificavo nel gioco, stavo attento minuziosamente al budget…mi avanzavano sempre i fondi! C’erano i miei amici che magari avevan 100 milioni e compravano Messi e Ronaldo, io me li tenevo 50 e magari gli altri li investivo su un giovane che credevo potesse diventare forte. Tant'è che me lo chiedevo anche io, ‘Davide ma come è possibile? Fanno il tuo stesso gioco?' Una partita a dir la verità me la farei volentieri anche oggi, ad avere il tempo…”.
Già, il tempo. Il presente è ventiquattrore su ventiquattro Robur Siena. Studia, osserva, scrive. In simbiosi con il direttore sportivo Giovanni Dolci e il vicepresidente Federico Trani. Perché la forza di una società virtuosa e ambiziosa è quella di non accontentarsi mai dell’oggi. E’ l’aggiornamento continuo, la programmazione del futuro, il provare a migliorare anche la cosa che può apparir banale e magari ininfluente dinanzi al risultato sportivo. E’ questo il loro modus operandi. Determinazione e impegno per ripartire dopo una stagione difficile… “L’anno scorso tante cose non hanno funzionato, è innegabile e tangibile. Non ha funzionato il poco tempo che avevamo a disposizione perché siamo partiti il 24/25 luglio a squadre già complete e in una situazione complicata considerando le difficoltà nelle quali era immerso il Siena prima dell’arrivo di Anna e Federico. Non hanno funzionato alcune scelte che abbiamo fatto. Io e Giovanni abbiamo commesso degli errori e siamo i primi a riconoscerlo. L’unica cosa che mi porto dentro è quella splendida vittoria a Livorno dove tra primo e secondo tempo sono entrato nello spogliatoio e negli occhi dei ragazzi ho visto la fame, l’ignoranza, la voglia, la determinazione. Panariello che digrignava i denti, Marotta che lanciava un secchio della spazzatura, D’Ambrosio con la pelle d’oca. Quest’anno siamo ripartiti dagli occhi della tigre di quei quindici minuti negli spogliatoi di Livorno…”.
Sette punti in tre partite nel girone A di Serie C. In città, allo stadio si respira un’aria nuova: positiva, ottimista. Un entusiasmo ritrovato dopo un mercato assolutamente importante… “Abbiamo centrato tutti gli obiettivi che c’eravamo prefissati e che credevamo fossero funzionali per il gioco di Mignani, del cui lavoro siamo molto, molto, molto soddisfatti. Personalmente credo che la positività sia un fattore determinante: positività porta positività. La partita di domenica contro l’Arzachena, in dieci uomini e in svantaggio al 71’ non l’avremmo mai e poi mai vinta l’anno scorso. E’ stata una vittoria dell’ambiente tutto: dei giocatori, dei tifosi, della dirigenza. Ora, però, guardiamo avanti…”.
Sorride Vaira e guarda al futuro. Al corso da direttore sportivo che sta ultimando, alla nuova stagione. Pulito e sincero, di quelle persone che preferiscono ascoltare piuttosto che parlare. E, soprattutto, ama davvero il suo lavoro. E’ quello che sognava da bambino. E quando trasformi la tua passione in lavoro hai sempre una marcia in più…