I fischi a Kalinic, i gol divorati dal croato e da André Silva come ultimi ricordi. Un caloroso abbraccio che sapeva di addio con Fassone nel garage del Meazza. Un ultimo colloquio con Bonaventura nel suo ufficio di Milanello. Il centrocampista non aveva digerito la sostituzione contro il Torino, ma Montella voleva lasciarsi bene con tutti. Sabato, quasi 18 mesi dopo, si ritroverà davanti al suo passato. Da avversario, per la prima volta. Chissà a cosa penserà prima di andare a letto.
“Serve un esorcista? Eccomi”. Poi L’Europa League
Salto indietro, piccolo dejavù: “Mihajlovic diceva che, se avesse fallito, dopo di lui sarebbe servito un esorcista? Eccomi, sono io”. Montella è il nuovo allenatore del Milan e in un caldo pomeriggio di luglio si presenta così. Lui che è la quinta faccia diversa a sedersi su quella panchina da quando se n’è andato Allegri.
Oltre al serbo ci hanno provato i suoi amici Seedorf, Inzaghi e Brocchi. Vincenzo è cresciuto ammirando il Milan di Sacchi, Van Basten è sempre stato il suo idolo. Per questo il colloquio ad Arcore con Berlusconi lo aveva emozionato come se non avesse mai giocato 288 partite in Serie A: “È inaccettabile per il Milan vivere tre annate fuori dall’Europa. Sono troppe” Ripete.
Accanto a lui c’è Galliani, appena tornato da Zagabria dove aveva tentato il blitz per Pjaca. Il campionato comincia male, con la vittoria sofferta sul Torino all’esordio e i due ko con Napoli e Udinese. Poi però arrivano solo due sconfitte nelle successive 17 partite e il Milan torna a respirare aria di Champions.
Fino a metà gennaio, perché nelle 19 giornate seguenti arriveranno solo sei vittorie. L’ultima in casa con il Bologna. Montella accentra Deulofeu dalla fascia a seconda punta e i suoi ragazzi ne fanno tre. Cosa vuol dire? Qualificazione aritmetica ai preliminari di Europa League. I suoi giocatori lo portano in trionfo sotto la Sud.