Nella giornata di oggi, martedì 27 febbraio, Nicolò Fagioli ha partecipato al terzo degli incontri previsti nel suo percorso di riabilitazione dalla ludopatia.
Al Teatro Araldo di Torino, il centrocampista della Juventus è intervenuto testimoniando la propria condizione: "Adesso sto molto meglio. Un anno fa è stato il momento più difficile della mia vita, poi con l'aiuto di Paolo sto migliorando. Ora mi fa stare bene la mia famiglia, i miei amici, fare sport".
Fagioli racconta la ludopatia: le sue parole al Teatro Araldo
Successivamente Fagioli ha raccontato l'insorgenza della sua malattia: "Ho cominciato le prime volte quando avevo sedici anni, all’inizio era come un gioco, poi pian piano è diventato una malattia, ho iniziato subito con le scommesse sportive quando giocavo alla Juve nel vivaio. All'inizio pensi di saperne di più, ma poi anche guardando le partite in tv capisci che essere calciatore non hai vantaggio. Da piccolo giocavo a calcio, tennis e anche oggi sto giocando di più a tennis, poi ping pong e tutti quelli con la racchetta me la cavo".
Fagioli ha poi approfondito il racconto e la riflessione: "Prima di perdere il controllo mi piaceva proprio giocare, cercavo la dopamina senza saperlo. Poi mi sono reso conto che era una malattia, ci ho messo troppo tempo a chiedere aiuto. Meno male che a maggio ho avuto l'idea di farlo. Giocare a tennis mi aiuta tanto, mi diverte e nel tempo libero mi aiuta tanto".
Sui motivi che lo hanno spinto a iscriversi a piattaforme illegali: "Perché mi sono iscritto a piattaforme illegali? Perché non potevo farlo col mio nome intanto, anche se all'inizio non sapevo quale fosse la differenza tra i .it e i .com. Il motivo vero non lo so perché ho cominciato su quelle piattaforme, poi ho continuato perché mi trovavo bene. Giocare on-line, che sia illegale o no, è difficile vincere. Le perdite sono istantanee, le vincite hanno bisogno di tempo e quindi ricarichi subito, forse è questo il meccanismo per cui il banco vince sempre".
La patologia però porta Fagioli a compromettere anche le relazioni personali: "Il rapporto con gli amici e la famiglia era cambiato, volevo sempre stare da solo, mi sembrava che quello con loro fosse tempo perso. Ed è questa la cosa più cambiata nella mia vita. Ero sempre nervoso, l'unico mio sfogo era la partita perché mi allenavo male e questo faceva di me un calciatore che non dava il 100% in campo. Al telefono trascorrevo tra le 10 e le 12 ore al giorno. Adesso? Adesso non gioco più, il telefono lo uso 3-4 ore".
Spazio però anche a qualche auspicio e considerazione sul futuro: "Ho tantissima voglia di tornare in campo, non vedo l'ora. Il 19 maggio finsice la squalifica, il 25 dovrei giocare l'ultima di campionato. Gli Europei? Sono un sogno. Dal mio punto di vista mi avrebbe aiutato giocare a calcio. Stare lontano dai campi è una punizione che mi han dato ma che mi ha reso tutto anche più difficile. Sono stato obbligato ad accettarlo altrimenti non sarei più tornato. Ho capito di essere sulla buona strada quando ho ricominciato ad apprezzare il tempo trascorso con la famiglia e i miei amici".
Sul supporto ricevuto da parte di chi gli sta attorno: "Compagni e società mi hanno aiutato molto standomi vicino. Lo spogliatoio prima delle partite mi manca, ma per il resto è come se non fosse successo nulla. Dopo che è uscito il casino ero più concentrato a non far uscire altre cose di me sui giornali che non sul resto, poi superate le prime due settimane son tornato a pensare alla squadra ed è stata dura non poter partecipare a partite e trasferte. All'inizio ho provato rabbia e vergogna quando erano uscite tutte le cose sui giornali, poi ho vissuto un momento di pace. E ora ho solo voglia di tornare in campo".