Hai il ciuffo alla Dybala e gli occhi buoni. Vispi. E' piccolino, ma "quanto corre". Ci dicono così, lo sponsorizzano subito. Lui si scalda in silenzio: "Che fai? Entri?". "Magari". Ci risponde Ricky, emozionatissimo. Perché in tribuna ci sono i suoi amici: "MICOZZI! MI-COZ-ZI!". Scatenati coi cori. I compagni di scuola, la sua vita, la sua Amatrice. "E' incredibile, non si è mai vista tutta questa gente in Terza Categoria". Eh sì, a Rieti non è un giorno come un altro. Gioca l'Amatrice e ci sono tutti: il presidente, il sindaco, la sua gente. Tutti in campo per la prima di campionato contro il Cittàducale. La quiete, dopo la scossa. "Manlio Scopigno" a disposizione, ormai il campo di Amatrice non c'è più. Anzi, c'è. Ma al suo ingresso c'è scritto "vietato entrare" e ospita la mensa del paese. Adibito per cose più importanti.
Ricky era lì quel giorno. Era il 23 agosto e in molti hanno perso tanto. Tutto. Anche lui ha rischiato la vita, ma ci torneremo poi. "Perché per 2 ore conta solo la partita". "Contano i tre punti". Ricky si scalda e sogna, un 2000 come tanti "più veloce del pallone". Eroe per un giorno, quasi per caso. Entra, fa l'assist del 2-1 e infine sì, segna la terza rete. Andando ad esultare sotto uno striscione che vale più di mille gol: "298 stelle brillano nel cielo di Rieti". Gioia incontenibile: "Gioco a calcio da quando ho 5 anni - ci dice in esclusiva - ho fatto il settore giovanile, poi dall'anno scorso sono in prima squadra, avevo già segnato l'anno scorso". Erano pochi, lui è andato a giocare coi più grandi: "E' il più piccolo di tutti". Ci dicono i compagni, dal capitano Remo Berardi al bomber con la 9, Augusto Piga. Abbracci, incitamenti. Anche dagli avversari: "Quanto corri regazzì!".
Contenti tutti, anche il presidente Tito Capriccioli, che "dribbla" le sirene di mercato: "Micozzi è nostro, non lo vendiamo!". Scherza lui, orgoglioso. Una giornata così conta tanto, tutto. Per Ricky ancor di più: "Vado a scuola, frequento il Liceo Scientifico di Amatrice". Morale da ricostruire: "Cerchiamo di essere allegri, felici, di superare il momento tutti insieme. Ora vivo a casa mia, penso di essere l'unico della squadra". Emozionato, quasi commosso. Si vede e lo capiamo. Cerchiamo di farlo svagare un po'. "Di che squadra sei?". Il tifoso emerge subito: "Tifo Roma, anzi quanto sta?". Tre gol al Napoli, Dzeko-Dzeko-Salah: "Grandissimi!".
Poi torna serio e ricorda, forza d'animo e coraggio: "Il 23 agosto ero a casa di mia nonna, dormivo li. Mio nonno era scomparso da 3 giorni a causa di un tumore, quindi ero con lei". All'improvviso, il panico: "Mi sono svegliato subito, mia nonna gridava, i vicini urlavano, c'era fumo ovunque. Noi siamo rimasti bloccati per circa un'ora, per tirarci fuori hanno buttato giù la porta di legno con l'accetta. La casa ha retto, finché eravamo lì. Qualche giorno dopo è stata demolita". Ora in campo: "Venire qui è stato bello, importante. Ho segnato e sono felice. Significa molto stare insieme, svagarci. Anche se alla fine i nostri ricordi tornano sempre a quel giorno, a quei momenti". Indelebili, chiaro. Ma il calcio, anche oggi, ha giocato il suo ruolo. Unire, mai dividere.