In patria l’hanno definito l’anti-Zlatan per via del suo carattere schivo e taciturno. Emil Forsberg è un timido, nelle interviste dice sempre le stesse cose e in generale parla poco. Tutto il contrario di Ibra, con cui ha avuto anche qualche screzio in nazionale tanto che lo ha apostrofato come “incredibilmente fastidioso”. Ed è paradossale che nell’anno in cui Ibrahimovic non c’è più sia proprio l’attaccante del Lipsia a segnare il gol decisivo che porta la Svezia ad un risultato storico che mancava da 24 anni. Uno a zero alla Svizzera nell’ottavo di finale più inaspettato e la squadra di Andersson può ancora sperare di eguagliare lo storico secondo posto del Mondiale del ’58 giocato in casa o la terza posizione di USA ’94.
E pensare che l’autore del gol vittoria a calcio nemmeno doveva giocarci. Perché per Forsberg era già pronta una luminosa carriera nell’hockey sul ghiaccio, sport che ha praticato fin da bambino. “Troppo piccolo per giocare a calcio” dicevano, ma con un padre e un nonno calciatori professionisti era difficile credere che prima o poi il pallone non avesse avuto la meglio. Il nonno Lennart “Foppa” Forsberg era una veloce ala sinistra, papà Leif “Little-Foppa” un attaccante da 150 gol in 400 partite. Quasi tutte con la maglia del Sundsvall, città nel nord della Svezia dove Forsberg è cresciuto.
Si è formato in patria, è esploso nel Malmo ed è volato in Germania per completare il suo processo di crescita. Il passaggio al Lipsia gli è costato qualche critica per via della mancanza di tradizione del club tedesco con a capo il proprietario della Red Bull. Lui non ha fatto caso ai giudizi e ha continuato a lavorare. Ad aiutarlo c’è sempre la moglie Shanga Hussain, sposata 10 giorni dopo l’eliminazione dall’Europeo del 2016. Calciatrice professionista del Ffv Lipsia e prima critica del marito: “Quando torno a casa da una partita e lei è silenziosa, so di aver giocato davvero male”. Ha detto Forsberg in un’intervista.
Oggi sicuramente Shanga avrà speso molte parole per il marito, diventato leader tecnico di una nazionale rinata dalle ceneri dell’addio della sua stella più luminosa. Senza Ibra si pensava che la Svezia non potesse giocare più a calcio, in Russia sta dimostrando il contrario. Forse non diverte, ma è solida e concreta. Subisce poco e fa male al momento giusto. E’ un outsider con poca pressione e tanta voglia di sognare. Trascinata da quel Forsberg che l’anno scorso voleva il Milan e che ora guardano in tanti. Ventisei anni e una maturità ormai raggiunta, pronta a consacrarsi altrove. L’anti-Zlatan non parlerà molto, ma sa essere decisivo.