Donne Nel Pallone – Eleonora Goldoni: fino al Tennessee portando nel cuore “Oba Oba”
Un sogno che inizia per caso. Forse per gioco. Destinato però a realizzarsi. Partendo da San Siro, precisamente nella stagione 2003-2004, in un’Inter-Reggina all’insegna della perfezione per i nerazzurri. Sei a zero e pratica chiusa. Archiviata. E tra tutti, negli occhi e nel cuore di una giovanissima Eleonora Goldoni presente in tribuna, classe ’96, è entrato lui: Obafemi Martins. Al minuto 43 è stato amore. Amore grande. Amore vero. Quattro uomini saltati a velocità pazzesca e goal. Secondo il suo stile. Noto alla maggior parte degli amanti del calcio. “In quel momento mi sono follemente innamorata di lui. Ma in particolare delle sue capriole. Che spettacolo. Da allora ho scelto il calcio. Aiutata anche dalla grande passione che poi, giorno dopo giorno, mi hanno trasmesso mio padre e mio fratello. Quante partite in giardino con i maschietti. Stavo sempre con loro. Anche il mio migliore amico era maschio“. Non aveva altra scelta, o meglio, altri bisogni. Desiderava giocare a pallone, ma voleva iniziare a farlo seriamente. E non poteva che partire dal Finale, la squadra maschile della sua città. “È stata un’esperienza molto importante per me, soprattutto perché mi ha permesso di poter fare scuola calcio. La prima volta in una squadra è unica. E non si scorda mai. Lo staff societario mi è sempre stato vicino. Mi ha sempre sostenuto. Mi hanno dato la possibilità di essere addirittura il capitano, facendomi sentire, in qualche modo, importante. Giocare con i maschi è stato molto utile perché, ovviamente, il livello è più alto“. Passa il tempo, Eleonora Goldoni cresce, e tra un allenamento e un’altro diventa una piccola grande attaccante. Di quelle predestinate. Tagliate realmente per fare quello. Per ricevere la palla e metterla in rete. Prima la New Team Ferrara, con cui, partendo dalla Serie C, nella stagione 2012-2013, raggiunge la B. Per lei, e non c’è da sorprendersi, il titolo di capocannoniere con 22 goal nel sacco. Un sacco pieno soprattutto di qualità. Ricco di un talento che lascia intravedere bellissime speranze e che, inevitabilmente, ha attirato lo staff azzurro. “Ho fatto esperienze importanti con la Nazionale U17 e U19. Qualificazioni agli Europei, diverse amichevoli e tornei. Sicuramente un tassello prezioso di quella che è stata la mia carriera calcistica fino ad ora. Aver la possibilità di vestire l’azzurro ti insegna a non aver paura, a dover dare anche più del 100%, ad offrire in campo tutto quello che hai perché stai giocando per la tua nazione e perché devi essere consapevole che milioni di giocatrici vorrebbero essere al posto tuo in quel momento, e quindi devi sfruttare al meglio l’opportunità che ti è stata data perché poi, forse, non torna più”. Non è passato tanto, ma il cambiamento è forte. Fortissimo. Dall’Emilia al Tennessee. E quindi dall’Italia agli Stati Uniti. In quella che, anche se recentemente è in clima di protesta per via degli stipendi inferiori ricevuti dalla Nazionale femminile rispetto alla maschile, rimane sempre la patria del calcio giocato dalle donne. E con il suo fiuto per il goal e il suo coraggio, proprio di chi vuole essere grande, diventa giocatrice delle Bucaneers alla East Tennessee State University. “In America il primo semestre non è andato nel migliore dei modi, perché mi sono infortunata durante la prima settimana di allenamenti e quindi non ho avuto la possibilità di giocare. Uno strappo non curato bene mi ha fermata per un pò, di conseguenza ho giocato le ultime quattro partite del campionato e ho segnato tre gol. Questo secondo semestre sta andando, invece, alla grande. Abbiamo fatto qualche torneo e qualche amichevole. Nel primo torneo, in 6 partite (7vs7) ho fatto 8 goal. Nel secondo, in tre 3 match (9vs9) ne ho fatti 7. Due giorni fa, inoltre, ho disputato tre gare. Finalmente in undici contro undici. Ho realizzato tre reti. Adesso, si continua a lavorare, per fare sempre meglio. Spero che a maggio, quando tornerò, potrò prendere parte anche al raduno che ci sarà con la Nazionale U23. Purtroppo il fatto di essere qui negli USA incide tanto con le mie convocazioni in azzurro, perché purtroppo non hanno la possibilità di pagare gli aerei per potermi permettere di partecipare ai ritiri“.
Parlare con Eleonora Goldoni è come parlare con una ‘donna’ già ‘Donna’. È matura. È pronta. Ed è divertente scambiarsi qualche opinione con lei. Tra le diverse, spicca il racconto di quelle che sono, secondo il suo parere, le grandi differenze tra il calcio americano e quello italiano: “Tante le diversità. Piccole ma consistenti. Quella che più mi sento di citare è l’essere seguite, qui negli States, costantemente. Ci alleniamo ogni giorno. La palestra ci tocca ben tre volte a settimana. Siamo sempre in contatto con i coach e tutto lo staff. Un’altra grande cosa da evidenziare è la disponibilità e la qualità delle strutture. In Italia questo, spesso, manca. E concludo con l’organizzazione e lo sfruttamento della tecnologia. L’Università paga tutto. Per ogni allenamento, infine, siamo monitorate con strumenti che permettono di analizzare tutto. Battiti. Velocità. Chilometri. E così via“. Gli Stati Uniti conquistano. In qualche maniera ti premiano. Devono migliorare anche loro, è vero, ma già sono avanti anni luce rispetto a noi. Ancora fermi al “Rispettateci”. Che, attenzione, è ancora lontano dal recente “Equal Play, Equal Pay” delle campionesse del mondo. Eleonora Goldoni questo lo sa. E il suo futuro, magari non per sempre ma per adesso, lo vede ancora in America: “Penso di stare un altro anno qui, successivamente mi piacerebbe trasferirmi in un’altra università. Credo a New York, perché probabilmente parte dei miei parenti si trasferirà lì e mi piacerebbe quindi stare vicino a loro e al progetto che stanno portando avanti. Hanno un’Accademia del Musical che prepara spettacoli su base religiosa. La prima cattolica la apriranno a New York. Inoltre mi piacerebbe fare un master in nutrizionismo sempre qui in America. L’esperienza calcistica in un team professionistico qui negli Stati Uniti sarebbe fantastica. Il livello però è alto e il tutto è particolarmente difficile. Magari un giorno tornerò in Italia. Lì ho sempre il mio fidanzato e la mia famiglia“. La giovinezza la riconosci subito. Mille progetti, forse anche contrastanti. Infinite idee che frullano per la testa. Probabilmente qualche insicurezza. La Goldoni, del resto, è umana. Ed ha solo vent’anni. Però nella vita, a volte, è giusto buttarsi. E lei ha proprio intenzione di farlo. Al massimo. Ricordando ogni tanto le capriole di “Oba Oba”, l’inizio di un viaggio scandito, sempre più, dai goal.