Raymond Domenech è il nuovo allenatore del Nantes. Torna su una panchina dieci anni dopo aver lasciato la nazionale francese. Un’esperienza finita male. Da cui è uscito solo, anche se a questo forse era già abituato. La sua carriera da allenatore inizia negli anni Ottanta, a Mulhouse: alle prime armi col fischietto in mano, una volta sorprese tutti i suoi giocatori, invitandoli a correre nella foresta dell’Alto Reno insieme a lui: “Seguitemi!”. Ma dopo pochi metri si voltò e non c’era più nessuno. Era il preludio di una situazione che si ripeterà nel tempo. Quarant’anni dopo la sua storia non ha cambiato copione. Oggi a Nantes una nuova opportunità nel calcio. Sperando di non ritrovarsi di nuovo in solitudine.
ATTORE, BAGARINO E ASTROLOGO
La storia di Domenech è tanto calcio, ma anche aneddoti di teatro, astrologia e … manette. Fu arrestato nel 1994: all’epoca era l’allenatore dell’Under 21 della Francia. Quell’estate c’erano i mondiali negli Stati Uniti e stava per assistere a Bolivia-Corea del Sud. La Federazione francese gli comprò i biglietti per osservare la partita. Poi cambiò idea, avvisandolo poco prima dell’incontro: “Non importa che tu vada, non ci sarà molto di interessante da osservare” (effettivamente, lo 0-0 finale darà loro ragione). E allora, che fare? Vendere i biglietti che la federazione gli aveva comprato, a metà prezzo e fuori dallo stadio. “Biglietti? Cercate biglietti?”, a fare il bagarino c’è Domenech, che trova gli acquirenti sbagliati. Due poliziotti in borghese, che lo ammanettano e lo portano in caserma. “C’è un equivoco, la federazione mi aveva detto che avrei potuto venderli”. Scarica barile. Mano al portafogli: cauzione pagata e ritorno alla libertà. Attore nato: è appassionato di teatro e ha recitato diversi copioni. Quella volta però non si trattava di un film, ma della realtà.
Dice di schierare le formazioni anche in base all’allineamento degli astri. Le stelle, prima di vederle in campo, le osserva in cielo. E decide chi far partire titolare: “Grandi personaggi della storia, come Federico II di Svevia, studiavano le stelle per le loro strategie. E, più recente, Mitterand faceva lo stesso frequentando un famoso astrologo. Pensate che si sbagliassero? L’astrologia è una scienza, non magia. Io ci credo”. I risultati, però, non gli hanno dato ragione.
SPAURACCHIO ITALIA
La nostra nazionale gli ha sempre portato male. E la finale dei mondiali nel 2006 è stata solo una delle ultime uscite della collana. Sì, perché quando era il CT dell’Under 21 della Francia, è stato eliminato per ben tre volte dai giocatori con la maglia azzurra: agli Europei del ’94 e del ’96, entrambe le volte in semifinale. La prima volta ai rigori, la seconda con il decisivo gol di Totti. Poi, autunno 1999, spareggio per le Olimpiadi di Sidney. Allo stadio Iacovone di Taranto - stracolmo di spettatori - si gioca il ritorno: l’andata è finita 1-1. In Italia, gli Azzurrini allenati da Tardelli ribaltarono il vantaggio di Henry, grazie alle reti di Comandini e Pirlo, autore di una magistrale punizione nel secondo tempo supplementare. L’Italia staccò il pass. Domenech con anni di distanza ci accusò di aver corrotto l’arbitro, lanciando già allora segnali sulla sua difficoltà nel saper accettare le sconfitte. Insomma, quando c’era lui in panchina - dall’altra parte - ci è quasi sempre andata bene. Inutile ricordare la gioia di quella notte di Berlino.
L’AMMUTINAMENTO DI KNYSNA
Dopo il mondiale sfiorato in Germania, quello in Sudafrica fu una tragedia sportiva. In molti lo avevano già capito sei mesi prima. Stade de France, spareggio contro l’Irlanda. Ai supplementari Henry si aggiusta il pallone con la mano in area di rigore e serve l’assist a Gallas per il gol che vale l’accesso alla kermesse africana. Gioia a metà. Anzi, gioia poca. Prevale la vergogna. Parte del paese si distacca dalla sua nazionale a causa del furto che non hanno problemi a riconoscere. Tira cattiva aria. Il gruppo, però, è unito. Non con il proprio allenatore però. Nell’intervallo della partita contro il Messico si accende una forte discussione nello spogliatoio. L’Equipe riporterà in prima pagina le parole durissime di Anelka, che i compagni (e il giocatore stesso) smentiranno. Il giorno dopo, a Knysna, quartier generale dei bleus, va in scena uno sciopero: i giocatori si presentano in campo solo per firmare gli autografi dei tifosi accorsi per sostenerli. Poi tornano nel pullman e boicottano l’allenamento: “Il problema non è Anelka, ma il traditore che è con noi. Com'è possibile che una cosa del genere sia potuta uscire dallo spogliatoio? Da questo gruppo dobbiamo eliminare il traditore, non Anelka", dice Evra. La nazionale esce alla fase a gironi a testa bassa, per una delle pagine più tristi della sua recente storia. Domenech, lui, esce di scena, incapace di gestire la squadra in campo, e il gruppo fuori. Tornerà a parlare del clamoroso episodio sul suo libro “Da solo” (scelta del titolo non casuale), uscito nel 2012, dove accuserà Anelka di avere “distrutto” il gruppo.
Adesso torna su una panchina e farà parlare nuovamente di sé. Finalmente sul campo e non con le sue uscite talvolta arroganti. Come quando dall’alto del suo palmarès (un campionato di seconda divisione francese, e stop) si era permesso di deridere Gasperini al termine dei quarti di finale di Champions League contro il PSG, con un tweet in cui si complimentava ironicamente per i cambi, volendo sminuire la “leggenda” degli allenatori italiani come “grandi tatticisti”. Da sempre, le sconfitte non gli sono mai andate giù. Neanche a distanza di anni.
Dieci anni dopo l’ultima volta, Raymond Domenech si ributta nella foresta del calcio. Stavolta in quelle della Loira, per guidare il gruppo del Nantes. Ciò che lo avrà convinto a tornare sarà sicuramente stata la nostalgia del campo, ma anche i consigli degli astri, adesso che sia Saturno che Giove sono entrati in Acquario (il suo segno zodiacale). E allora sguardo in alto per osservare gli cielo e il polveroso taccuino si riapre. E se nel frattempo dovesse vedere una stella cadente, il suo desiderio da esprimere sarà probabilmente quello di non ritrovarsi di nuovo solo. Come quella volta tra i boschi di Mulhouse.