Il telefono squilla dall’altra parte del mondo, Arabia Saudita, ma la voce che risponde parla un italiano impeccabile, dimostrando di conoscere alla perfezione la situazione attuale del nostro Paese, difficoltà legate al Coronavirus annesse. Diego Longo, d’altronde, in Italia (a Genova) è nato e ha vissuto fino a 29 anni, quando le esigenze lavorative lo hanno fatto diventare un giramondo del pallone. Romania, Grecia e ora Arabia Saudita. “Qui il virus è stato meno distruttivo rispetto all’Italia, io sono in quarantena da ormai 9 settimane, il Governo locale ha adottato tutte le misure del caso per proteggere la popolazione dalla pandemia, mentre il club ci ha messo a disposizione tutti gli strumenti per lavorare al meglio anche da casa”, racconta a GianlucaDiMarzio.com Diego Longo, professione viceallenatore dell’Al-Hilal, la squadra allenata da Razvan Lucescu (il figlio di Mircea) e dove attualmente gioca anche Sebastian Giovinco.
Giovinco in campo e come… vicino di casa
“Questo club può essere considerato come il Real Madrid d’Arabia e non è un caso che lo scorso novembre abbiamo vinto la Champions League e poi abbiamo disputato il Mondiale per Club”, racconta Diego. Nessun problema con le lingue, ma il fascino di “casa Italia” resta sempre speciale: “Con Giovinco parliamo in italiano ovviamente, è un ragazzo super. Come giocatore non sta a me scoprirlo, parla il campo ormai da anni per lui. Mi ha stupito però lontano dal rettangolo verde, Seba è una persona eccezionale. Abitiamo vicini, viaggiamo insieme dal ritorno dalle trasferte: professionista e ragazzo esemplare”, afferma Diego Longo, viceallenatore dell’Al-Hilal primo in classifica con 6 punti di vantaggio sulla seconda al momento dello stop del campionato.
L’aneddoto su Mircea Lucescu
Uno che di personalità “importanti” se ne intende, Diego Longo: “Lavoro ormai da 15 anni come vice di Razvan Lucescu. Il figlio del grande Mircea. Che carisma…”. Aneddoto immancabile, solo uno dei tanti: “Rapid Bucarest, allenamento quasi terminato, sessione di cross finale. Uno dei nostri ragazzi non ne azzecca uno, giornata proprio storta. Al campo di allenamento arriva, senza preavviso, Mircea che vede tutta la scena. Si avvicina al ragazzo, gli sussurra qualcosa all’orecchio, non più di 10 secondi. Bene, da quel momento cross perfetti… non mi chiedere cosa gli abbia detto, non ce lo ha mai rivelato. Io penso che il carisma di Mircea gli abbia semplicemente trasmesso quella sicurezza di cui aveva bisogno. Mircea è davvero unico”.
La Nazionale della Romania e quella volta con Mourinho
Tra le tappe principali della carriera di Diego Longo c’è sicuramente il ruolo di viceallenatore della nazionale rumena: “Chivu capitano, tantissimi altri giocatori bravi, esperienza indimenticabile che mi ha permesso anche di girare il mondo e ‘studiare’’ i grandi allenatori da vicino”. Compreso José Mourinho: “Tecnico straordinario, dal carisma incredibile. Sono stato ad Appiano una settimana perché c’era Chivu in nerazzurro, esperienza davvero formativa. Così come quando, grazie ai calciatori rumeni che seguivamo, ho potuto osservare la metodologia di un giovane Giampaolo a Siena, Reja, Delio Rossi, Ranieri. Sono stato fortunato sì…”.
“Quella volta in Grecia che il mio presidente entrò con la pistola in campo”
Gli inizi da professionista in Romania, oggi l’Arabia Saudita, nel mezzo una lunga parentesi in Grecia. “Prima allo Xanthi, squadra che lottava per non retrocedere e che siamo riusciti a portare in finale di Coppa nazionale, poi il Paok Salonicco”. E qui un approfondimento è d’obbligo. “Sono certo che mi chiederai del presidente Ivan Savvidis, vero?”, sorride Longo. Risposta scontata e mente che ritorna all’ormai famosa invasione di campo con tanto di pistola ben visibile sotto il giaccone: “Personaggio decisamente vulcanico, ma quella volta era davvero esasperato. D’altronde che furto che abbiamo subito e durante quell’annata non fu nemmeno l’unico…”, ricorda Longo. “Noi primi in classifica, sfida contro l’Aek secondo, eravamo primi e con un successo avremmo quasi sicuramente vinto il titolo. 0-0, nel recupero facciamo gol: arbitro e guardalinee corrono verso il centro del campo, noi esultiamo. I giocatori dell’Aek però circondano la terna arbitrale che annulla incredibilmente la rete”.
Provocando l’assurda reazione del presidente del Paok: “Entrò in campo con la pistola e ci ordinò di lasciare il campo per protesta. La Federazione – ricorda Longo – ci penalizzò di sei punti in classifica e diede la vittoria a tavolino all’Aek. Lo scudetto in quella stagione sfumò. Ci siamo però rifatti l’anno successivo vincendo il titolo e conquistando per due volte la Coppa di Grecia”. Ricordi speciale, seppur tutti lontani dall’Italia: “Non ho mai avuto occasione di allenare da noi, però mi piacerebbe tantissimo. Magari da primo allenatore. Sì, sarebbe proprio bello…”. Italia-Arabia, andata e chissà... presto anche ritorno.