Sesto marcatore all time della Serie A, ora allenatore dell'Under17 dello Spezia. "L'anno scorso ho fatto subito una riunione con gli attaccanti. Vedo la qualità, se uno è più o meno sveglio e provo dargli dei consigli: come attaccare la porta, quale piede usare, dove calciare. La prima cosa che insegno? Gli faccio capire che il lavoro è serio". Parola di Antonio Di Natale.
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"Far crescere i ragazzi mi piace. Gioco col 4-3-3, è il marchio di fabbrica e poi i tre attaccanti avanti mi piacciono perché fanno la differenza". E anche lui prova a fare la differenza, facendo crescere i 'Di Natale' del domani.
Quattro anni fa il ritiro, dopo 445 presenze in A e 210 gol: "Sei mesi prima avevo capito che era giusto smettere. Quando testa e fisico non c'erano più significava che era il momento giusto. Avrei potuto segnare di più? Io non ho giocato tanto in Serie A, a 27 anni ho vinto il campionato con l'Empoli e conquistato la promozione. Negli ultimi 10 anni ho fatto qualcosa che non è facile ripetere, erano anni che nessuno superava i gol di Baggio".
Tanti gol ma anche diversi 'no', per primo quello alla Fiorentina per andare all'Udinese: "La trattativa con la Fiorentina era in piedi da un paio di mesi, poi non mi hanno fatto sapere più niente - ha raccontato a Calciomercato-L'Originale' -. Alla fine mi chiamò Spalletti con la famiglia Pozzo e dissi subito di sì. La mia parola per me valeva più di un contratto. Anche se andavo a guadagnare di meno ho fatto comunque la scelta giusta".
Poi il 'no' alla Juventus: "Sono sempre stato fatto così. Ogni scelta l'ho fatta sempre col cuore, con la testa e non guardo mai i soldi. Lì c'erano tanti soldi, una società importante e che aveva vinto tutto. Il mio procuratore mi chiamò e mi disse che c'era questa possibilità, io dissi: 'Ti ringrazio, ringrazia anche la Juve ma io e la mia famiglia restiamo qua a Udine, mi sento uno di loro e mi piacerebbe finire qui la carriera'. Poi ho chiamato il presidente Pozzo e in due minuti si è risolto il problema.
Se preferivo giocare con una prima punta o senza? Io ho avuto la fortuna di giocare con Iaquinta, con Quagliarella. Quando giocavo a tre, giocavo a sinistra. Poi quando ho capito che si correva troppo, ed è stato bravo Pasquale Marino a spostarmi al centro, ho capito che il mio ruolo era quello. Però da solo davanti era meglio.
Sanchez? A fine allenamento mi chiamava sempre e mi mettevo lì a fargli capire che quando prendevo la palla e mi giravo lui doveva andare in profondità. Gli spiegavo i movimenti. Se sarà utile all'Inter? E' un giocatore che se sta bene fisicamente ti garantisce 20/25 gol all'anno. Quando è arrivato erano 6 mesi che non giocava, poi l'infortunio. Ma se l'Inter lo tiene per l'anno prossimo troverà un grandissimo attaccante".
Bianconero sì, ma sempre a Udine: "Perché non sono rimasto lì? Quando in club fai troppo bene e sei anche un po' una 'prima donna' a qualcuno puoi dare fastidio. Ho scritto la storia, ho sempre fatto di tutto per rimanere a Udine. Poi mia moglie voleva tornare a Empoli, la sua città".
Nato a Napoli, ma l'unica maglia azzurra che Di Natale abbia mai indossato è stata quella dell'Italia: "Il mio rapporto con Napoli? Sono andavo via a 13 anni. E' una città bellissima, quando posso ci vado volentieri e lì c'è la mia famiglia. Perché non ho mai giocato al Napoli? Giocare nella mia città lo vedevo come un peso. Sei di Napoli, se le cose vanno male la gente ti conosce... Tifo sempre Napoli, ci ho sempre pensato".
A proposito di Nazionale... "Il rigore sbagliato all'Europeo ai quarti contro la Spagna? E' un rammarico difficilissimo da scacciar via. Il giorno dopo ancora non capivo cosa fosse successo. Nel 2012 poi ho avuto la fortuna di rigiocare subito contro la Spagna e ho fatto gol".