È stato protagonista dello scontro verbale con il quarto d’uomo che diverrà sicuramente un cult. L’episodio del Parco dei Principi, però, non è stata la prima volta in cui l’attaccante ha tirato fuori gli artigli nella lotta contro razzismo e disuguaglianze. Nel calcio, e non solo. Demba Ba, 35 anni: storia di un calciatore che sa essere uomo chiave con un pallone tra i piedi e nella lotta contro ogni tipo di discriminazione.
Con il calcio, però, la storia d’amore non è iniziata nel migliore dei modi. Il giovane Demba ha collezionato bocciature e rifiuti. Amiens, Lione, Auxerre. Il più clamoroso a Watford: durante il periodo di prova l’allenatore della prima squadra lo chiama per qualche allenamento. Dopo pochi giorni, l’allenatore viene esonerato, al suo posto ne arriva un altro, che di Demba Ba non ne vuole sapere. Nuova bocciatura. Il destino gioca ma con Demba Ba non si scherza: “Nonostante i rifiuti, non vedevo altra chance se non di diventare calciatore. Nella mia testa era chiaro: avrei giocato a calcio”. L’ultima opportunità è arrivata a Rouen, in quarta divisione: doveva giocare con la squadra riserve ma il suo talento gli ha permesso di giocare con la prima. La stagione è ottima e arrivano le prime chiamate importanti. Sceglie Mouscron, in Belgio. Prime tre partite, primi tre gol. Svolta? No. Alla quarta si frattura tibia e perone. Stop di sei mesi. Rientra a fine campionato e ne segna 7 in altrettante partite. Non lo avrebbe fermato più nessuno, tranne una nuova frattura. Ancora tibia e perone, nel 2016, a dieci anni esatti dal primo grave infortunio: “Ciò che mi ha permesso di ritornare ancora una volta è il mio carattere. Mi riesce facile non avvertire le difficoltà: dopo tre mesi già correvo. Ho fatto un’impresa”. Adesso, a 35 anni, è ancora sui campi da gioco, ancora nei grandi palcoscenici. Due infortuni gravi non gli hanno fatto male. Ciò che lo ferisce sono altre cose.
DECISIVO
Giocatore chiave in tre partite su tutte. Senegal-Camerun, terza giornata della fase a gironi della Coppa d’Africa 2012. Demba Ba entra dalla panchina, segna negli ultimi secondi e fa qualificare il suo popolo alle fasi a eliminazione diretta: “È la gioia più grande della mia carriera”. Numero due: Chelsea-PSG, ritorno dei quarti di finale di Champions '13/'14: il risultato di 1-0 per i blues non basta. Mourinho lo fa entrare. Minuto 87’, confusione in area di rigore parigina. Demba Ba ci mette la gamba e segna. Nuovo gol, nuova qualificazione, nuovo stadio in delirio. E non è finita. Eh, no, arriva il “bello”: provate a pronunciare “Demba Ba” a Liverpool. Procurerete nuove notti insonni per i tifosi dei Reds, anche a distanza di anni. È ancora suo, infatti, il gol che sarà decisivo per il titolo del Chelsea, e che farà scivolare il Liverpool al secondo posto, nel giorno della più drammatica scivolata della storia del calcio. Quella di Steven Gerrard, che spiana la strada a Demba Ba per il gol, e ai blues per la conquista della Premier League.
IMPEGNO SOCIALE
Si era detto che i dolori più grandi nella carriera di Ba non fossero stati i due infortuni, benché terribilmente gravi. Ciò che lo affligge sono le offese razziali, discriminatorie. Una lotta che il senegalese porta avanti da anni: nel 2011, quando vestiva la maglia del West Ham, è stato vittima di insulti da parte di un tifoso che aveva preso male la retrocessione del club. Dopo la partita con il Liverpool, “per colpa” del gol segnato con la maglia del Chelsea, fu soggetto di nuove offese di stampo razziale. Durante la sua esperienza in Cina, fu offeso addirittura da un suo avversario in campo, che venne squalificato dalla federazione per sei mesi. Poi un episodio che tocca anche l’Italia: dopo i fatti di Cagliari, Demba Ba prese le difese di Lukaku, indignato dalla lettera dei tifosi dell’Inter indirizzata al loro bomber. In un tweet, fece capire il motivo del suo rifiuto di giocare in Serie A quando ne ebbe l’opportunità:
Sport e non solo. Poche settimane fa, aveva pubblicato un video di un signore di colore, picchiato a sangue dalla polizia francese e insultato per il colore della pelle: “Non vedo uscita per questi problemi”, sempre in un tweet, decisamente pessimista.
Quello di ieri è stato l’ultimo episodio della sua campagna sociale contro ogni tipo di discriminazione. Le fratture non gli fanno niente. Quando vede infranti i diritti per ogni uomo, allora sente veramente male. A proposito della questione dell’indipendentismo uiguro (un’etnia musulmana minoritaria e separatista, presente in Cina), si indirizzò a tutti gli uomini dello sport: “Dobbiamo agire per questo popolo. Noi sportivi abbiamo un potere che non ci immaginiamo neanche. Se ci riuniamo, e parliamo, le cose possono cambiare”. La storia lo insegna da sempre. Demba Ba, al Parco dei Principi, ha di nuovo indirizzato la via: uniti, il mondo si può cambiare davvero.