Quella porta si è aperta. Quella che porta nella terra promessa, la stessa che Moreno Longo e i suoi ragazzi avrebbero dovuto aprire un mese fa. Era il 18 maggio, 16mila persone vestite di giallazzurro rimaste col groppo in gola a due minuti dalla fine. Strozzati dal gol di Floriano, pietrificati dal pareggio del Foggia quando la serie A sembrava conquistata.
Hanno aspettato 29 giorni, in un Purgatorio che puzzava d’Inferno, quasi rassegnati a essere beffati ancora. Un sentimento che leggevi negli occhi di chi nel pomeriggio camminava verso lo Stirpe. “Non ce la fanno più. Il treno ormai è passato”.
Per 45 minuti si sono specchiati nell’ennesimo incubo. Poi, alle 21:45 il mondo si è ribaltato: Raffaele Maiello avanza col pallone, guarda la porta. Il suo destro è un capolavoro che finisce sotto l’incrocio. È la stessa che l’aveva fatto piangere il 18 maggio. Quella stregata dal pallonetto di Floriano. Non riusciva a smettere di piangere quella notte. Aveva iniziato sull’erba dello Stirpe e continuato a casa. Poi ha smesso, mentre qualcuno iniziava a farlo. Per tutt’altro motivo. Due giorni nasceva suo figlio Luigi. Un simbolo di rinascita. Lacrime asciugate dagli eventi. Settimane di gioia e sofferenza, a cullare Luigi, ma lontano dal campo per un infortunio muscolare.
Ha stretto i denti e giocato sul dolore. Dopo il gol, ha corso per 80 metri ad abbracciare i tifosi sotto la curva Nord. Era in campo nel giorno dell’ultima promozione in A del Frosinone. Aveva la maglia del Crotone, quella degli sconfitti. Tre anni dopo è dalla stessa parte della barricata.
Cuore, gambe e lacrime agli occhi. Le stesse di uno stadio intero, quasi quaranta minuti dopo. La corsa di Ciano verso la porta di Pomini. Anche lui, in quel 16 maggio del 2015, vestiva la maglia del Crotone. Guardò la festa dalla panchina, senza entrare in campo. Questa volta è lui a lanciarla, scuotendo la rete col sedicesimo gol stagionale. Su una ripartenza, quasi il manifesto di una squadra capace di soffrire e rialzarsi dopo avere camminato per settimane tra i fantasmi.
Una liberazione, festeggiata da un’invasione collettiva, quando la partita probabilmente non era ancora conclusa. Dettagli importanti che verranno chiariti nelle prossime ore, perché il Palermo non ha gradito l’incertezza sull’arrivo o meno del triplice fischio dopo la rete di Ciano e la bagarre dei palloni buttati in mezzo al campo durante gli assalti finali del Palermo.
Corse giallazzurre e possibili ricorsi rosanero. Da domani la battaglia dello Stirpe forse proseguirà altrove. Difficile spiegarlo a quella marea gialla che piange e si abbraccia su un terreno di gioco inaugurato a ottobre, maledetto a maggio e glorificato in un 16 giugno che entra nella storia del Frosinone.
Come Gori che esce con una spalla rotta, come Brighenti che gioca una partita da urlo in condizioni fisiche improbabili. Come Vigorito, baluardo della porta da tenere chiusa. Come Dionisi, che nel giorno del suo trentunesimo compleanno si regala la festa più attesa.
Quella dell’addio ai fantasmi, quella del ritorno in serie A.