Il calcio italiano è in allarme. Una circolare dell'Agenzia delle Entrate, riguardo al regime fiscale agevolato per i calciatori che arrivano in Italia dopo aver giocato almeno due anni all'estero, ha spiegato come questa tassazione ridotta (prevista dal Decreto Crescita) non sia attuabile a causa dell'assenza di un Dpcm attuativo. La tassazione agevolata è stata introdotta dal Decreto Crescita 2019 ed ha favorito l'ingaggio di diversi calciatori provienienti dall'estero, consentendo ai club un risparmio quantificabile in decine di milioni di euro. Adesso rischia però di cambiare tutto.
Ne abbiamo parlato con Valerio Giuffrida, agente Fifa e dottore commercialista. Una persona che si occupa concretamente della stesura dei contratti e che ha ben chiare le conseguenze sul mercato di una possibile svolta fiscale.
"Faccio una premessa. Quando ieri mi hanno dato la notizia sembrava di quelle che possono creare un solco fra prima e dopo. Il Decreto Crescita è stato recepito come una manna dal cielo per il calcio italiano perché, concedendo alle società uno sgravio fiscale pari al 50% delle imposte dovute sugli stipendi, ha permesso ai Club italiani di competere nelle operazioni di calciomercato con i club inglesi e spagnoli che notoriamente hanno una potenza di fuoco maggiore che gli è data da differenti entrate per diritti televisivi e differenti altre entrate a vario titolo. Quindi un’eventuale perdita di efficacia (peraltro ex post) della norma agevolativa avrebbe un effetto altrettanto (se non più) dirompente e contrario. Peraltro in un momento storico che vede i club già “toccati”, se vogliamo usare un eufemismo, dagli effetti del Covid. Io, sarà che sono un eterno ottimista, ma mi illudo che tutto ciò alla fine non accadrà, per lo meno non in questi termini".
Entro quando deve essere emanato il decreto attuativo per salvare l’impianto del Decreto Crescita e quali conseguenze comporta la mancanza del D.A.?
"Non voglio cadere in tecnicismi ma sarebbe stata buona cosa se fosse stato emanato immediatamente dopo l’entrata in vigore della norma, ovvero prima che i club facessero ricorso all’agevolazione, sottoscrivendo i contratti economici con i calciatori. Tuttavia auspico che questa situazione possa essere sanata, con effetto retroattivo, da un DPCM che possa pertanto ratificare l’operato delle società, lasciando la sensazione di aver avuto semplicemente un brutto sogno. DPCM è una parola ormai assimilata dal gergo comune quindi non sono caduto in “tecnicismi”".
Un’eventuale caduta del Governo fa decadere l’intero impianto della norma?
"Se la risposta fosse affermativa dovremmo temere per tutte le norme esistenti ed emanate dall’attuale Governo. Per fortuna la risposta è no. Rischiamo di passare per un popolo di sognatori che si prende bene con le buone notizie e si abbatte alle prime difficoltà. R. Kipling per fortuna ci ha insegnato a non andare in balia del vento".
Le società rischiano davvero di dover restituire all’agenzia i soldi messi a bilancio?
"Ritengo che le società a bilancio non abbiano ancora provveduto ad inserire il beneficio economico dato dal risparmio fiscale del 2020 ma che lo stesso si manifesterà soltanto una volta che il calciatore sia rimasto in Italia per due anni consecutivi, essendo tale condizione richiesta dalla norma perché la stessa possa essere applicata. Quindi non penso ad effetti immediati sui bilanci del 2020 ma a politiche finanziarie conservative che i Club potrebbero adottare per il futuro fino a quando non si capirà come evolverà questa situazione. Vorrei dire che le Circolari dell’Agenzia delle Entrate sono degli atti di “parte” ma sappiamo bene che le società di calcio non si arrischieranno in contenziosi, continuando ad utilizzare sulle prossime operazioni un’agevolazione fiscale che di fatto è stata considerata (dall’Agenzia) inapplicabile. Mi auguro quindi che le nuvole vengano scacciate prima dell’imminente avvio del prossimo calciomercato".
Facciamo alcuni esempi di ciò che potrebbe succedere con situazioni come quella di Eriksen.
"Innanzitutto ti faccio presente che hai scelto l’unico caso in cui la perdita dei benefici potrebbe essere causata non dalla Circolare n. 33 dell’Agenzia delle Entrate ma dal fatto che il giocatore potrebbe uscire dall’Italia prima del decorso dei due anni richiesti dalla norma, ammesso che non esca in prestito a Gennaio per poi rientrare a Luglio e rimanere almeno fino alla fine dell’anno solare. In questo caso conserverebbe i benefici, avendo trascorso in Italia tutto il 2020 e (per più di 6 mesi) anche il 2021".
Si può fare una stima di quanto rischiano di dover restituire i Club? Potrebbero riavere gli stessi soldi indietro una volta emanato il Decreto attuativo?
"Leggo in giro che le società sono soggette a sanzioni oltre al recupero della differenza d’imposta. Invece questa è la classica fattispecie nella quale non possono essere addebitate sanzioni perché di fatto i Club si sono affidati ad una norma emanata da un Governo e non hanno commesso alcuna violazione e tanto meno negligenza che possa dar luogo a sanzioni tributarie. Sull’imposta invece il rischio c’è ed il recupero sarebbe chiaramente pari alle imposte risparmiate, ovvero al 50% delle imposte totali. Facendo un esempio pratico, su uno stipendio netto di un milione, con il Decreto Crescita il Club è tenuto al pagamento, fra stipendio e tasse, di circa 1.400.000 mentre senza Decreto Crescita il dovuto ammonterebbe a 1.800.000 circa. Uso appositamente il condizionale perché penso che questa storia non si esaurirà con la Circolare n. 33/2020. Aggiungo infine che, seppur si usano dei modelli “standard” di contratti economici fra Club e calciatore, in realtà non tutti seguono le stesse dinamiche".