Roberto D’Aversa ha allenato due squadre in carriera - Lanciano e Parma - e la prima panchina gialloblù è datata 8 dicembre 2016: Sudtirol-Parma 0-1. Gol di Manuel Nocciolini. Dalla Serie C all’attuale ottavo posto in Serie A, dopo aver conquistato una salvezza tranquillissima con tanto di pareggio all’Allianz Stadium di Torino l’anno prima. Un aggettivo: eccezionale. Forse è riduttivo. Certamente non sorprende chi D’Aversa lo conosce bene e sa quanto tempo dedica al calcio in una sola giornata: 24 ore non gli bastano mai.
Si sveglia, legge tutto, si aggiorna, chiama lo staff e il secondo allenatore per organizzare la giornata. Passeggia, pensa, studia: dallo spogliatoio al campo. Fino a sera, ritiri permettendo. Ama il suo lavoro e non si ferma un secondo, sempre con una voglia matta di imparare. Un altro aggettivo, grazie: pragmatico. Vuole - e porta - risultati. Sarà perché è nato e cresciuto in Germania, a Stoccarda: i suoi genitori erano emigrati lì per lavoro. A tre anni è tornato in Italia, nella ‘sua’ Pescara. Da giocatore - ha condiviso lo spogliatoio con Van Basten al Milan! - era un tipo istintivo, la panchina l’ha trasformato in un uomo decisamente razionale anche perché le regole le detta lui quindi ‘devo essere il primo a rispettarle’.
Come certi valori: il rispetto, la sincerità e l’amicizia. Nel calcio ne ha una in particolare, con un altro allenatore: Antonio Conte. Il legame è nato a Siena nel 2005, quando Antonio era il vice di Gigi De Canio e lui giocava. Adesso i due si sfidano in Serie A, con obiettivi diversi ma con la stessa fame di vittorie; e per Roberto, nell’ultimo weekend, ne è arrivata una ‘importante’, ‘finalmente contro una grande’. Il modo migliore per festeggiare la sua 50esima panchina in Serie A con il Parma.
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