Dal Genoa alla Promozione, poi il miracolo Albissola. Guido Bennati si racconta: “Giocavo solo per divertirmi. Ora ci voglio riprovare”
Vacanze? Poche: “Al massimo qualche giorno di relax con la mia fidanzata a Castignole delle Lanze, nella casa di famiglia. Che battaglie davanti alla tv, lei che ama i film horror o quelli romantici; io preferisco l’avventura e la fantascienza”. C’è da studiare anche, giurisprudenza non perdona: “E diritto penale, civico e costituzionale fanno paura”. Ma, soprattutto, Guido Bennati nel frattempo è arrivato in Serie C e la preparazione estiva inizierà molto presto: “Se poi saliamo anche in B beh, allora potrei anche smettere…”, racconta a GianlucaDiMarzio.com sempre con il sorriso. Già, c’è anche il suo volto nel miracolo Albissola.
Tre promozioni consecutive, dai dilettanti al calcio professionistico: “Merito di un ambiente sereno, in cui non ci sono tensioni. Siamo pochi, ma buoni. Presidente, allenatore, direttore sportivo, tutte persone eccezionali. Quindici vittorie nel 2018 e una rincorsa impensabile culminata nel primo posto: “Tre ragazzi si sono fatti biondi – svela – io invece sto pensando ad un tatuaggio. Per ora non ne ho, ci devo ancora riflettere”. Cinque gol stagionali per lui, quattro nelle prime sette partite. Un po’ come Milito, l’idolo di infanzia: “Anche se il giocatore a cui mi ispiro è Modric”. Stesso ruolo, anche se Guido si sente più mezz’ala. Classe e forza, allo stesso tempo. Tanto che, oltre al calcio, ama l’adrenalina del Go-Kart e la tranquillità del golf.
Classe 1994, ma con tante esperienze alle spalle. Dai passaggi con papà sul terrazzo di casa al Genoa. Qui fa tutta la trafila, dai Pulcini alla Primavera di Eranio e Juric: “Grande allenatore e grande persona. Ti dice tutto in faccia, sempre”. Gioca con i vari Krajnc, Simic e Said. Si allena con Sturaro e la prima squadra, fin dai tempi di Ballardini. Poi arriva Liverani, che lo convoca due volte: “Prima con il Livorno e poi con l’Udinese – racconta – l’apice di un sogno. Ero in camera con De Maio, conservo ancora la mia maglia”. Numero 58, la data di nascita di papà Giorgio. Che adesso fa l’avvocato ma che prima era un attaccante talentuoso. Con il Genoa esordì in Coppa Italia nel 1976. L’Inter l’avversario, San Siro il teatro: “Mi ricordo che in ritiro mi ritrovai in ascensore con Gilardino. Mi disse di godermi il momento, di non avere paura. Mi raccontò i suoi inizi e le sue emozioni”.
Tutto diverso rispetto alla Primavera: “Lì per un ritardo pagavamo cinque euro ogni 10 minuti. Mi ricordo che eravamo a tavola e Konatè non arrivava. Portanova contava il tempo. Multa? 20 euro ogni 30 secondi! Alla fine dovette pagarne 350…”. Ricordi indelebili, emozioni che Guido vuole rivivere. Già, perché: “La mia carriera è sempre stata un sali e scendi continuo”. Dal sogno A alla Promozione, passando per l’esperienza negativa di Poggibonsi in C2 e l’avventura a Pontedera: “Un anno in cui non gioco mai fra infortuni e altre cose”. Poi le persone giuste al momento giusto: “L’aiuto fondamentale di papà e dei nuovi procuratori. Gianluigi Marraffa, Davide Stuto e Alessio Baronchelli della B.S.M.
Ragazzi giovani e affamati, linfa per questo sport“. Infine, il pomeriggio che non ti aspetti: “Ero in cerca di un’offerta dalla C e mi stavo allenando con dei ragazzi svincolati a Genova. Abbiamo fatto un amichevole contro l’Albissola , una squadra che nemmeno conoscevo. E’ andata bene. Il Presidente mi voleva a tutti i costi, ho fatto un accordo di 4 anni. A quel punto mi sono detto ‘Dai, mi iscrivo all’università e gioco solo per divertimento’. Le cose sono cambiate con la promozione in Serie D. Ora sono qui a rigiocarmi le mie carte”. Le stesse che si stanno giocando anche i due fratelli. Matteo, il secondo dei tre, è in America. Studia economia a Nashville ed è stato nominato fra le 100 migliori matricole USA: “A suo tempo anche a me era stata proposta una cosa del genere. Però giocavo nella Primavera del Genoa, non mi andava proprio di stravolgere tutto – ammette Guido”.
Chissà, la sorte potrebbe dargli ragione. Ci ha messo più del dovuto, ha fatto qualche giro di troppo. Ma adesso il calcio che conta è veramente ad un passo.