Il 9 luglio di tredici anni dopo, il calciatore 37enne annuncia il ritiro su Instagram, tira le somme, progetta il futuro. E fantastica sulle sliding doors di una carriera. “Tutti i bambini che giocano a calcio sognano di vincere il Mondiale”, inizia a raccontarci in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com. “Quando ho capito di dover smettere, ho voluto scegliere l’anniversario del giorno in cui quel sogno l’ho realizzato. Non finisco con il calcio però: ogni tanto mi vedrete fare le partite in giro per il mondo con le all stars e intanto mi sono preparato per questo momento. Ho preso il patentino UEFA A, quello da allenatore a Coverciano e da direttore sportivo”. Quando si dice coprirsi le spalle.
Ma di dire basta, Zaccardo avrebbe fatto volentieri a meno. “Dispiace. Capisco Buffon, Totti e De Rossi: fosse per noi continueremmo fino a 70 anni. E se il fisico regge è giusto giocare fino ai 50. Altrimenti bisogna avere coraggio e non arrivare a farsi compatire: a me ha fermato un problema di cartilagine al ginocchio”. Lo scorso 6 luglio in Europa League, il Tre Fiori è diventato il primo club della storia sammarinese a superare un turno europeo: insieme al 47enne Sossio Aruta, redivivo attaccante del Cervia di Ciccio Graziani, ci sarebbe dovuto essere anche Cristian. Brivido mancato, ultimo what if da professionista.
“Ma sono contento della carriera che ho fatto”, commenta sereno. Se proprio ci sono dei rimpianti, si chiamano Wolfsburg e Milan. “Chi lo sa, forse potevo rimanere di più in Germania, potevo andare in una grande squadra prima dei 32 anni. È un percorso, in cui si fanno delle scelte: con la testa di dieci anni dopo magari qualcosa avrei cambiato. E mi sarebbe piaciuto chiudere la carriera a Bologna, da dov’ero partito, anche con un ruolo simbolico. Non è mai arrivata nessuna chiamata e quindi sono andato all’estero, è stato bello comunque. Il calcio mi ha dato tanto e ho avuto la fortuna di vincere tutto in Nazionale”.
Magico biennio, il 2004-2006: Campione d’Europa con l’Under 21 e poi la notte di Berlino. “Quando arrivano le vittorie dietro ci sono tante cose: qualità, gruppo, buona sorte. E io ero tra quei 23 che sono entrati nella storia, di quei pochi che ci sono riusciti nel mondo. Ronaldo e Messi sono i migliori, hanno vinto tutto ma non il Mondiale. Un orgoglio che porterò avanti per sempre, più passa il tempo più ci si rende conto dell’importanza di quel traguardo”. Frutto di un’alchimia d’altri tempi. “In Germania condividevamo tutto, dal campo al tempo libero in albergo. Non come adesso che si mangia, si va in camera e tutti si rinchiudono nel telefonino. C’erano anche allora i videogiochi sì, ma si stava in compagnia. Carte, ping-pong, commentavamo le altre partite. Si faceva gruppo per davvero”.
Nelle parole di Zaccardo, comincia a scorrere d’un fiato quel mese dorato. “Beh, il ricordo perfetto è quello contro i tedeschi. Mentre l’unico momento in cui ho avuto paura di uscire è stato contro l’Australia. E la Francia…”. Crocevia di una carriera. “Sai che è una partita che può cambiare la vita, come no: nessuno si ricorda di chi arriva secondo. Forse ai punti avrebbero meritato di più loro, ma con un po’ di fortuna ce l’abbiamo fatta”. Benedetti rigori. “Mi ricordo che quasi tutti avevano già deciso come calciare, senza guardare Barthez. E Pirlo ce l’aveva proprio annunciato che avrebbe tirato centrale”.
Aneddoti dalla panchina, dove Zaccardo era scivolato dopo quel fatidico autogol: l’unica rete su azione incassata da Buffon in tutto il torneo. “Episodi. Ero partito titolare, purtroppo quell’errore mi costò il posto. Ma poi giocò Grosso e Lippi spostò Zambrotta a destra: è andata bene così. Se non l’avessi fatto magari avrei giocato un bellissimo Mondiale ma saremmo usciti ai quarti”. Cristian risponde alla grande domanda. “Vedi anche l’Under 21 lo scorso mese: noi italiani quando siamo troppo belli ci specchiamo e poi rischiamo di non arrivare in fondo. Mentre se prendiamo paura e qualcosa non va, poi tiriamo fuori il meglio di noi stessi. Quell’autorete ci ha ridimensionati e ci ha dato la consapevolezza per andare avanti. Ne sono convinto. Oggi ci ripenso con serenità, me lo ricordano e ci ridiamo sopra. Fa parte della storia: vi ricordate altri autogol di Zaccardo?”.