Emmanuello, un cuore bianconero che batte per la Pro Vercelli
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Data: 02/12/2020 -

Emmanuello, un cuore bianconero che batte per la Pro Vercelli

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Sono nato juventino, nella Juve ci ho giocato, ma la Pro Vercelli per me c’è sempre stata e ora farò di tutto per questo club”. Parole e cuore di Simone Emmanuello ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Classe 1994, centrocampista della Pro Vercelli di Francesco Modesto, seconda nel girone A di Serie C. È nato e cresciuto con il pallone tra i piedi in una famiglia dove il calcio era tutto. La sorella la sua Musa Ispiratrice: guardando lei, giocatrice del Torino, ha voluto diventare un calciatore.

Fin da piccolo si è sempre immaginato grande, con la maglia bianconera della Juventus, ma la sua storia l’ha legata ad un’altra maglia bianca (e nera) quella della Pro Vercelli. Con questa maglia - che lo ha fatto rinascere più volte - ha raggiunto le 100 (e 1) presenze, il 25 novembre scorso: una vita. Un traguardo che lui stesso fatica a credere sia stato possibile: Io bandiera del club? No, non scherziamo. Ho fatto ancora un po’ pochino per meritarmi questo appellativo. Cento presenze sono tante perché non è facile, si cambia sempre squadra. Mi sento a casa anche perché ogni volta che sono qui faccio bene. Devo dire grazie sia alla società che c’era prima che a quella di adesso. Questo traguardo l’ho raggiunto anche grazie alla fiducia incondizionata che qui mi è sempre stata dimostrata”.

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Non fatevi ingannare, è tutto cuore, niente retorica. Simone è così: sincero e genuino. Parla con noi apertamente, sempre. Niente mezze misure: è bianco o nero, d’altronde non poteva essere altrimenti per lui. Alla Juventus ci ha passato una vita: lì è cresciuto tanto come uomo e come calciatore, ma un infortunio lo ha fermato sul più bello. E ce lo racconta lui, dall’inizio: da quando era un bambino e giocava nei Pulcini della Juventus. Un viaggio lungo, con tappe in giro per l’Italia, ma che lo hanno riportato spesso a quella che ora chiama casa, la Pro Vercelli.

Il viaggio di Emmanuello: il Chisola, la Juventus e i primi trofei

La mia prima squadra è stata il Chisola vicino casa mia a Vinovo, dove abito adesso. Poi da lì sono andato al Torino, dove giocavo con i ragazzi più grandi, avevo 4-5 anni. Ci sono stato 6 mesi prima di trasferirmi alla Juventus. Da quando ci sono arrivato non me ne sono praticamente più andato. Ho fatto tutta la trafila dai Pulcini alla Primavera. Ero alto, strutturato ed ero anche abbastanza bravo per la mia età, infatti giocavo sempre con i più grandi. Ero felicissimo. All’inizio facevo l’attaccante non il centrocampista: nei Giovanissimi Nazionali hanno avuto l’intuizione di spostarmi in mezzo al campo. Come l’ho presa? Bene. A quell’età piuttosto che giocare avrei giocato ovunque, poi ero alla Juventus.

Con questa maglia addosso sono cresciuto. In tutti i sensi. Qui ho imparato a stare al mondo. In ogni cosa erano precisi: stare in fila, vestiti bene e ordinati, calze e scarpe tutte uguali, niente orecchini o collane. Sembrano cose banali, ma ti formano e ti aiutano anche a crescere come uomo. Mi hanno insegnato sia come stare in campo che fuori.

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Ho condiviso lo spogliatoio con compagni forti. Non è un caso che in quegli anni vincemmo tanto. Io ero sempre il più piccolino della squadra, ma me la cavavo bene e giocavo spesso. Quando ero nella Primavera della Juventus, abbiamo vinto un Torneo di Viareggio nel 2012, poi subito dopo Coppa Italia e Supercoppa Italiana. Ho giocato con Spinazzola, Rugani, Beltrame, Padovan… solo per citarne alcuni. Con Padovan, caso strano, ci siamo ritrovati anche qui alla Pro Vercelli”. Torna momentaneamente al presente e gli scappa un sorriso nostalgico ripensando a quegli anni, nemmeno troppo lontani, dove si sentiva felice nel posto più bello del mondo, il suo.

L’infortunio. Cambia tutto

Anni belli, felici e ricchi di soddisfazioni e trofei, rovinati però da un infortunio: Il Torneo di Viareggio ce l’ho nel cuore: è stato veramente bello giocarlo e vincerlo. Tra l’altro sono stato uno dei migliori del Torneo, giocavo spesso e anche nei gironi feci molto bene. Dopo quel Viareggio avrei dovuto giocare l’ultimo anno di Primavera, il mio. Dopo anni passati ad essere il più piccolo avrei dovuto dividere lo spogliatoio con i miei pari età e invece… mi sono rotto il crociato a fine ottobre. Una sfortuna incredibile a quell'età. Credo, anzi sono sicuro, che quell’evento abbia condizionato la mia carriera. Ero anche nel giro della Nazionale, ho fatto tutta la trafila fino all’Under 20 con i vari Gagliardini, Bernardeschi, Benassi, Verre, Garritano… ma dopo quell’infortunio ho veramente fatto fatica e ho perso un po’ il giro della Nazionale”.

Un momento difficile per un giocatore poco più che diciottenne: “Fino all’anno prima, nei tre anni di Primavera, avevo fatto benissimo. Quello era il mio anno e avrei dovuto esplodere per poi andare tra i professionisti. Praticamente quell’anno l’ho saltato e così ho dovuto restare lì come fuori quota, un anno in più. E non ho nemmeno recuperato bene, non stavo bene. È stata dura perché vedendo quello che avevo fatto fino a quel punto della mia carriera non me lo aspettavo. Non per presunzione, sia chiaro, ma solamente perché quello che avevo fatto fin lì era stato davvero importante. Poi rompersi il crociato a quell’età non è facile: il tuo corpo sta crescendo, la muscolatura si deve ancora ben delineare e rischi che un infortunio così comprometta per sempre la tua carriera. Così, finita la Primavera, ho dovuto iniziare dalla Serie C”.

Un nuovo inizio: il primo incontro con la Pro Vercelli

Ed è qui che il giovane Simone non lo sa, ma il destino gli ha dato la prima opportunità di conoscere quella che, un po’ inaspettatamente, sarebbe diventata la sua nuova casa: Arrivo alla Pro Vercelli e vinciamo subito il campionato. Non ero ancora al 100%, ma sono riuscito a ritagliarmi il mio spazio”. E infatti… “Mi chiama l’Atalanta e finisco in un giro di prestiti con la Juventus. Era un’opportunità ma non è andata come speravo: l’infortunio mi condizionava durante gli allenamenti, facevo fatica. Poi non ero abituato ai loro carichi di lavoro e Gasperini spesso mi provava esterno, nemmeno il mio ruolo. Non ho avuto la possibilità di mettermi in mostra”.

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E chi arriva ad aiutarlo, di nuovo? La Pro Vercelli. Dal 2014 al 2017 raccoglie 72 presenze tra Serie B e Coppa Italia, con 7 gol e 7 assist. Anni magici e importanti dove a dargli fiducia trova un certo Moreno Longo: “Un allenatore che mi ha capito subito e mi ha dato una seconda giovinezza calcistica, forse anche perché mi conosceva dalla Primavera. Mi ricordo cosa mi disse quando arrivai alla Pro Vercelli: “Ti conosco. So chi sei. Non mi devi dimostrare niente. Gioca libero di testa perché sei forte”. Aveva tanto personalità, un carattere forte che mi ha aiutato a crescere e migliorarmi. Un po’ di lui lo rivedo nel mio attuale allenatore alla Pro Vercelli, Modesto. Due allenatori con una personalità enorme”.

Il passato torna a bussare

Lascia di nuovo la Pro e la stagione successiva si divide tra Perugia e Cesena, esperienze non fortunate. Arriviamo all’estate del 2018 quando il suo passato bussa di nuovo alla porta: “La Juventus aveva appena iniziato il progetto dell’Under 23. Mi chiamano. Io ero in Serie B da tempo, mi stavo costruendo la mia carriera, ma il richiamo della Juve era troppo forte e ho accettato. Non sarei mai sceso di categoria per nessun’altra squadra. Come è andata? Dopo 6 mesi sono tornato alla Pro Vercelli, sempre in Serie C. Esperienza negativa? No assolutamente è stata un’opportunità. Io pensavo che scendendo in Serie C dalla Serie B avrei fatto la differenza, ma non è così.

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La Serie C è un campionato molto tosto. I campi sono un po’ quelli che sono… la Juventus Under 23 è un’occasione per chi è giovane, per chi esce dalla Primavera. Gli Over poi devono essere grandi, giocatori con una carriera già fatta, io sono arrivato lì per essere l’uomo spogliatoio, il giocatore d’esperienza per far crescere i giovani. Ma io avevo solo 24 anni, ero troppo giovane avevo e ho ancora bisogno di crescere io prima di occuparmi dei più giovani. Non sono ancora quel tipo di giocatore”.

Quegli allenamenti con la Juve dei grandi. E quelle parole di Del Piero…

Lo dice con una maturità imbarazzante. Da giocatore ambizioso e che sogna ancora di poter calcare i campi di Serie A. Campi che ha sfiorato nell’ultima esperienza con la Juve Under 23 quando poteva allenarsi con i ‘Grandi’. Cristiano Ronaldo, Bonucci, Chiellini, Dybala… idoli abituato a vedere da lontano, ma con cui ha condiviso il campo in interminabili sessioni di allenamento: Quella è una bella esperienza, allenarsi con quei campioni. Lì capisci la differenza che c’è tra quel calcio e il tuo. Campi belli, palloni belli. Ad allenarsi con loro diventi forte anche tu. Se sei bravino tecnicamente ti fanno giocare bene anche a te.

In quelle esperienze mi divertivo, era tutto un altro calcio. L’ho capito solo a 24 anni. Perché? Quando ero più piccolo, ovviamente, mi è capitato di fare degli allenamenti con la Prima Squadra della Juventus, ma ero piccolo: non capivo bene che cosa mi stesse accadendo e dove fossi. Mi ricordo però che i brividi mi sono venuti una volta. Dopo un allenamento mi si avvicinò Del Piero e mi disse: “Bravo. Sei forte. Continua ad allenarti bene e vedrai che farai carriera”. Non ci credevo. Ovviamente me le disse prima che mi facessi male al crociato (ride ndr.)”.

100(e 1) volte Pro Vercelli

Un passato in bianconero che è un’altalena di emozioni, a volte contrastanti. Ora il presente è la Pro Vercelli dove è tornato quest’anno dopo l’esperienza al Vicenza: La Juventus ce l’ho nel cuore, ma più cresco e più so che sarà sempre più difficile tornarci. Adesso casa mia è qui alla Pro Vercelli. Il mio obiettivo è tornare in Serie B con questa maglia: lì si gioca un calcio che mi piace e poi è anche ambizione personale. Prima però dobbiamo vincere il campionato di Serie C quest’anno. Possiamo farcela: in panchina abbiamo Modesto. Un allenatore che secondo me è tra i più bravi, se non il più bravo, che mi abbia allenato: dà a tutti importanza, è preparato tatticamente, ha voglia e fame e soprattutto tira fuori il meglio da tutti noi. Ho 26 anni, non sono più giovanissimo e a quest’età per tornare in Serie B devi vincere il campionato, a meno che sei un attaccante e fai tanti gol. Ho ancora tanta fame e voglia di arrivare”.

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Lo salutiamo perché il viaggio è stato lungo. Ricco di fermate, ricordi belli e altri un po’ più tristi, ma che hanno riempito la sua valigia d’esperienza. Un viaggio partito seguendo il cuore pensando potesse condurlo a Torino, ma invece ha fatto tappa sempre a Vercelli dove, 101 volte dopo, ha capito che casa sua è qui. Il cuore di Simone sarà anche bianconero, ma adesso batte per la Pro Vercelli.



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