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Fiorentina, a te Kokorin: un Pollock agli Uffizi

Dopo 345 giorni di carcere per aggressione, l’attaccante russo ha ritrovato gol e minuti tra Soci e Spartak Mosca. Per lui un passato da talento assoluto, da Capello a Mancini, ma anche comportamenti sopra le righe

L’Italia l’ha già vista e la maglia viola l’ha già indossata. Partiamo da qui. Quattro anni fa, quando lo Zenit optò per la terza divisa violastra, Kokorin non sapeva che l’avrebbe vestita di nuovo. E invece sì: ormai è ufficiale il suo arrivo alla Fiorentina, dove sarà la spalla di Vlahovic. Finalmente in Serie A. 

CARCERE

Sfiorò la Roma sette anni fa, e se cercate sul suo profilo Instagram troverete un paio di foto all’Olimpico, una maglia di Totti autografata e il sorriso di un ventenne a Piazza Cavour, quando di lui si parlava solo per il calcio. Kokorin, purtroppo, è anche una sfilza di etichette. “Delinquente”. “Teppista”. “Bad boy”.

Si è fatto un anno di carcere per aggressione a un funzionario del governo russo in un caffè di Mosca, insieme all’amico Mamaev e al fratello Kirill. Prima della sentenza ha pianto in prigione e chiesto pietà. Russi gelidi: condanna e nessun privilegio, perché doveva capire. L’ha fatto: “Sono cambiato, ora sono io”


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STAR E TALENTO

Quello che col Mancio, nel 2017-18, siglò 19 reti. Il calciatore russo più giovane a segnare almeno 10 gol in campionato. Il più veloce a segnare in nazionale (dopo 13 secondi, al Lussemburgo). Il più giovane marcatore della Dinamo Mosca. “Il più” ovunque, soprattutto a Valuyki, dove vinceva tornei da solo a 7 anni.

Così famoso da creare polemica già da ragazzino: uno scout diffuse alcune voci secondo cui Kokorin fosse nato nell’89 e non nel 1991. Mai confermate. Ha ripreso in mano la sua vita a 29 anni. Prima il Soci, 7 gol in 10 gare, poi l’occasione Spartak Mosca (5 partite e 2 gol). Ora la Viola e l’Italia. Un Pollock agli Uffizi. 


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“KOKORINATE"

Kokorin ne ha combinate tante. Aveva a disposizione una tela bianca dove poter fare qualsiasi cosa, ma non sempre gli schizzi di colore si trasformano in capolavori. Con lui, fuori dal campo, praticamente mai. Perché se tecnica e qualità non sono mai mancate (più di 100 gol tra i pro), i comportamenti invece sì.

Esempi sparsi: nel 2017 si fece fotografare mentre sparava in Ossezia al matrimonio di un suo amico (una tradizione da quelle parti). Lo stesso anno postò una foto al mare con il faccione di Pablo Escobar: critiche a pioggia (il post è ancora lì). Sempre nel 2017, inoltre, fu escluso dalla Confederations Cup insieme all’amico Dzyuba per aver sfottuto il c.t. Cherchesov sui social, mimandone i baffoni in una storia Instagram. Non è tutto: l’anno prima, dopo l’eliminazione della Russia all’Europeo, ordinò Champagne per 250mila euro al Twiga di Montecarlo (insieme a Mamaev). Ragazzata, sì, ma la nazionale lo escluse per diversi mesi. 


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RINASCITA

C’è un Kokorin prima del carcere e un altro dopo, perché quando giochi partitelle con i detenuti capisci che la bussola va riprogrammata, soprattutto dopo aver segnato 20 gol in Europa e vinto tre trofei (campionato, coppa e Supercoppa di Russia con lo Zenit). Due anni fa la fiammella si era spenta, ora si è riaccesa ed è merito suo. Dopo la stagione a Soci disse che se avesse continuato a giocare così sarebbe andato all’Europeo (l’ultima convocazione nel 2017).

Sarebbe il quarto torneo con la Russia, con cui ha segnato 12 gol. Ad oggi nessun dietrofront. L’Italia, però, gli ha ridato il sorriso: dopo l’infortunio al crociato che gli fece saltare Russia 2018, si curò a Villa Stuart e andò in vacanza in Sardegna. Al mare. Dejà vu: cinque anni fa giocò contro il Napoli al San Paolo con la Dinamo Mosca, e durante la conferenza pre partita disse di non ricordare che “Maradona avesse giocato con gli azzurri”. Kokorinata. Ora sono finite.